1 – Hanoi, la capitale

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Filippo Paggiarin

Filippo Paggiarin

 

L’aereo è diretto ad Hanoi, la capitale prima dello Stato Nordvietnamita e ora del Vietnam riunificato.

La vegetazione e la fisionomia mirabili già dai finestrini dell’aereo ci offrono un’anteprima del Paese nel quale stiamo per atterrare: un Paese giovane, verde, fitto di cose, da scoprire.


Il sorriso e la sincera disponibilità dell’impiegato all’ufficio dei cambi dell’aeroporto ci danno il benvenuto ufficiale, tale apertura stride fortemente con la magnificenza e severità della falce e martello che campeggia sull’imponente arco che attraversa la strada che collega l’aeroporto alla città. Si potrebbe pensare a una casualità, alla fortuna di aver trovato qualcuno di aperto e disponibile verso l’altro nonostante ci si trovi in un sistema chiuso come quello comunista, ma non è così. Come vedrò nei giorni seguenti questo era solo il primo dei contrasti, incongruenze, incoerenze e stranezze di cui è fatto questo posto.

È un paese fitto, come il traffico fatto prevalentemente di motorini che si muovono come nugoli di vespe. Non è molto chiara la regola che permette di regolare la circolazione e evitare incidenti o anche solo il come si possa attraversare una strada, sembra a prima visione incomprensibile, ma la capirò nei giorni a venire.

Questo traffico disorienta, molto di piu’ del posto si puo’ intuire dai (brutti) nuovi palazzi in rapida costruzione, e si cominciano gia’ a mettere insieme i primi pezzi: è un Paese giovane, con un’età media bassa, rapido e in rapida evoluzione. Ecco che falci e martelli, che a un occidentale parlano di un mondo diviso e incapace di comunicare, assumono un’altra dimensione, del tutto nuova.

Cosa ne e’ oggi della falce e del martello? Il Vietnam sembra non tenerne troppo conto, o almeno chi sta al comando. Ho Chi Minh all’epoca sfrutto’ l’onda lunga del socialismo in espansione per utilizzarlo nella causa dell’indipendenza del Vietnam: similmente oggi, a condizioni mutate e in costante mutamento, il Vietnam muta con esse e sta facendo ampie concessioni al capitalismo.

Giunti al nostro ostello lasciamo i nostri bagagli e torniamo in strada: siamo nel quartiere vecchio, dove la gente cucina e mangia nei vicoli stretti, tra motorini parcheggiati e altri che corrono su ogni centimetro di suolo lasciato libero.

Ci incamminiamo senza una vera meta, confondendoci ancora tra i motorini e venditrici ambulanti con in testa i grandi cappelli a cono e le ceste di frutta appese ad un bastone alle estremità di un bastone che poggiano su una spalla mentre camminano.

Facciamo visita alla maison centrale, le prigioni politiche usate dai coloni francesi, luogo angosciante, che tuttavia regala un sorriso quando viene preteso di mostrare la differenza di trattamento riservata dai vietnamiti agli americani, a dimostrarlo sarebbero delle foto in cui prigionieri statunitensi giocherebbero a scacchi, poker o biliardo ridendo e fumando sigarette.

L’ultima sorpresa della giornata la regala il Tempio della Letteratura. È un’isola che vorrebbe essere di pace, all’interno della città ma nemmeno le mura e gli alberi che lo circondano riescono a lasciare fuori il rumore del traffico. Ma la modernità non è solo fuori dal tempio, è anche dentro è pure dentro e supera tutti i concetti del Vietnam del passato. Questa modernità si manifesta nella figura di un ragazzino 12enne che si fa chiamare Tom. Tom si avvicina a noi, dice che sua madre lo porta qui per spingerlo a praticare l’inglese con i turisti, e così ci chiede di fare con noi. Sorpresi dalla fluenza del suo inglese e della sua intelligenza nelle risposte che ci dà, acconsentiamo volentieri e lui si propone di fare da guida, così ci porta in ogni angolo e addirittura ci racconta barzellette in un inglese impeccabile.

La cosa ci sorprende, non solo per l’età precoce, ma anche perché siamo ad Hanoi, capitale del Vietnam del Nord comunista che combatté e sconfisse gli americani.

Tom non ha la contezza di quanto mi stia lasciando di stucco la sua figura così in contrasto con la sua provenienza, probabilmente non ne capirebbe i motivi, vista la sua naturalezza nel comportamento.

Tom non sa ancora bene cosa vuole fare da grande, quando glielo chiedo tutto ciò che mi risponde è:

“io voglio vivere a New York”

E io vado KO.

da Venezia ..ma per il momento a Rayong, Thailandia

Filippo Paggiarin

2 – Halong Bay: riso e souvenir >

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