6 – Saigon & Mekong: pecunia non olet, il pesce invece sì

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Filippo Paggiarin

Filippo Paggiarin

L’arrivo a Saigon dice già molto della città. Se a Hue i tassisti avevano fatto a gara per conquistarci, a Saigon  le cose funzionano diversamente. Ci avviciniamo a un tassista che ci propone il prezzo di 150.000 Dong per arrivare in centro. Buon prezzo, stiamo per accettare ma il suo capo si intromette dicendo che il prezzo è di 250.000 Dong perché il ticket della sosta del taxi in aeroporto costa 100.000 Dong. Non cadiamo nel trucco, questi giorni in Vietnam ci hanno insegnato che tale ticket non può costare più di 20.000 Dong. Rifiutiamo e potremmo qui aspettarci l’inizio di una trattativa, invece non è così: Saigon è la città più visitata da turisti e uomini d’affari stranieri, qualcun altro a cui gonfiare il prezzo (comunque basso per gli standard occidentali) c’è sempre.

La prima tappa del nostro giro a Saigon prevede il delta del Mekong, uno dei fiumi più lunghi (e inquinati) del mondo, che parte dalla Cina e attraversa altri cinque stati (Birmania, Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam). Prima di dividersi in 9 rami e sfociare nel mar Cinese Meridionale.

Il divario tra turisti e quanto a loro riservato e popolazione delle isole del delta è sconcertante.

Veniamo portati a mangiare frutta locale mentre tristi ragazze del posto ci cantano canzoni più o meno tradizionali. Nel villaggio dell’isola che visitiamo un’unica grande tenda fa da dormitorio comune, alcuni dormono su amache, altri direttamente per terra, altri pescatori ancora dormono direttamente sul fiume dentro a case galleggianti in lamiera.

Ai turisti invece vengono offerte noci di cocco da bere, prodotti locali da provare e un pranzo in un ristorante con tanto di pratino verde e accesso dal fiume.

Torniamo a Saigon e giriamo un po’ a piedi la città , anche qui il traffico è infernale e attraversare la strada richiede una certa dose di coraggio. Anche qui i motorini corrono ovunque, marciapiede compreso, e vengono pure parcheggiati un po’ ovunque: all’entrata dei negozi impedendone l’ingresso e l’uscita ma anche nella hall del nostro hotel.

Ci dirigiamo verso la Bitexco Financial Tower (Financial, chi ha parlato di comunismo in Vietnam?). Lo Skybar celebra la presa della Bastiglia e le bandierine francesi (degli ex-coloni, verso cui il Nord sembra portare ancora rancore) sono ovunque. La vista è molto suggestiva e riesce a dare solo un’idea di quanto grande sia questa città, visto che le luci si estendono ben al di là dell’orizzonte visibile dall’altezza del 52esimo piano da cui stiamo sorseggiando il nostro aperitivo.

Torniamo in strada e andiamo al mercato notturno. Qui vengono vendute scarpe, cinture, vestiti, zaini, orologi in tutto e per tutto simili agli originali, ma a prezzi risibili, e trattabili. Si può arrivare a comprare qualsiasi cosa anche per appena un quarto del prezzo inizialmente dichiarato, se non meno.

Ci fermiamo a mangiare all’interno della zona del mercato, c’è un posto che cucina pesce alla griglia. La cosa sembra davvero carina.

Ecco che qui però, ahimè succede l’imponderabile.

Ordiniamo del riso e il pesce (“il”, ne portano uno intero) Per primo giunge il riso, il pesce richiede più tempo. Mentre mangiamo, il mio compagno di viaggio nota che sul fuoco che scalda la griglia su cui vengono cucinati i pesci stanno buttando delle borse di plastica per alimentarlo.

Non crediamo ai nostri occhi, finché la cosa non viene ripetuta altre volte, davanti a tutti, con naturalezza. Decidiamo di intervenire e avviciniamo la persona che sembra gestire il locale, proviamo a spiegargli la pericolosità ma sembra non capire.

Tutto ciò è imponderabile sì, ma solo per noi, di fatto non è altro che un chiaro esempio delle lacune in tema di educazione alla salute, all’igiene e al rispetto per l’ambiente di questo bellissimo – e verdissimo – Paese, come già visto dall’acqua di Halong Bay, dall’incontrollato boom edilizio e dall’assenza di una vera regolazione del traffico.

Dopo sforzi per far capire la gravità del tutto, chiediamo di pagare solo il riso, nella discussione che ne scaturisce veniamo minacciati di dovercela vedere con la polizia vietnamita e viene coinvolto anche un turista americano. Ne usciamo vittoriosi, anche se ancora affamati, ripiegheremo più tardi con dello street food, senza aspettarci che fosse poi troppo più salutare.

Infine rincasiamo, giornata intensa, le sorprese in questo posto non finiscono mai.

 

Da Venezia, ma attualmente a Rayong, Thailandia

Filippo Paggiarin

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