CAI: Cina e UE trovano terreno comune su un accordo per gli investimenti

Cina e UE

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Antonella Iavazzo

Antonella Iavazzo

Il fuso orario differente e l’emergenza epidemiologica ancora in corso a livello globale non hanno impedito la firma di un accordo considerato di importanza epocale per i rapporti economici tra Cina e UE. Il 30 dicembre 2020, l’incontro online tra il leader cinese Xi Jinping, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, la Cancelliera tedesca Angela Merkel ed il Presidente francese Emmanuel Macron, ha ufficialmente scandito la firma del Comprehensive Agreement on Investment (CAI), un accordo bilaterale, ormai in cantiere dal 2013, per gli investimenti tra Cina ed UE che apre il mercato cinese alle imprese dei paesi dell’Eurozona.[1] Dopo negoziazioni durate ben sette anni, sebbene sia ancora necessario lavorare sui dettagli e sull’implementazione dell’accordo, Pechino e Bruxelles sembrerebbero aver finalmente raggiunto un’intesa circa l’ossatura del patto teso ad assicurare maggiore reciprocità ed interdipendenza tra i due blocchi economici.[2] Il condizionale è d’obbligo, nella misura in cui è ancora necessaria l’approvazione del Parlamento Europeo; l’accordo, tuttavia, è stato accolto come un successo da entrambe le parti e giunge in un momento più che opportuno, in tempo utile per la fine del semestre della presidenza tedesca dell’UE, dei 45 anni dalle relazioni diplomatiche Cina-UE e a tre settimane dall’insediamento della nuova amministrazione americana di Joe Biden.[3]

Come riportato in una nota dell’UE, l’accordo in questione ha un grande significato economico, lega le due parti ad una relazione sugli investimenti fondata sui valori e basata sui principi dello sviluppo sostenibile.[4] Tra i comparti-chiave oggetto dell’intesa spiccano il settore dell’automotive, così come quello delle auto elettriche ed ibride, rispetto a cui la potenza asiatica sarebbe intenzionata ad aprirsi con maggiore trasparenza e facilità. Anche la sanità, l’energia e le telecomunicazioni risulterebbero oggetto di una consistente rimozione di ostacoli. Le aziende europee interessate a competere sul mercato cinese potranno farlo autonomamente, senza dover necessariamente accordarsi con un  partner locale (joint venture) e senza obblighi circa il trasferimento di tecnologie.[5] I paesi dell’Eurozona da sempre denunciano le forti restrizioni imposte da Pechino all’ingresso del proprio mercato, soprattutto in termini di obbligo al trasferimento forzato di know-how e tecnologie nei comparti ad alto livello tecnologico per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative dalle autorità cinesi. Ora, grazie all’accordo, questo processo risulta facilitato.[6] La Cina, quindi, in cambio di un progressivo accesso al mercato energetico del vecchio continente, ha assicurato opportunità e condizioni senza precedenti per le controparti europee; rinnovata importanza, inoltre, è stata riconosciuta all’armonizzazione dei contesti normativi relativi soprattutto alla trasparenza, prevedibilità e certezza giuridica delle condizioni di investimento, oltre che alla tutela di standard ambientali.[7] Seguendo questa traiettoria, il CAI potrebbe dunque rappresentare un primo passo verso un accordo di libero scambio più ampio con l’inclusione di impegni futuri, anche nell’ambito degli appalti pubblici.[8] 

Per Pechino, la firma dell’intesa costituisce una conferma delle aperture già consentite a seguito dell’introduzione, nel mese di gennaio dell’anno scorso, della Foreign Investment Law.[9] Nella prospettiva europea, inoltre, l’accordo pone le basi per rafforzare ulteriormente l’interdipendenza economica tra i due attori. Secondo Eurostat, nel 2019 l’UE ha esportato beni per il valore di €198 miliardi in Cina ed importato beni per €362 miliardi, con un commercio bilaterale dal valore di €560 miliardi. Nei primi 10 mesi del 2020, il volume degli scambi UE-Cina si è assestato a €477 miliardi, il 2,2% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.[10] La potenza asiatica , dunque, continua a rappresentare una destinazione essenziale per gli investimenti europei, soprattutto quelli di natura commerciale e di supporto all’azione di mercato, caratterizzati da una forte capacità penetrativa nel mercato estero di riferimento.

Al di là di motivazioni di carattere strettamente economico, l’importanza del CAI affonda anche nel terreno della geopolitica: la firma del patto segue infatti di pochi giorni la conclusione di un altro importante accordo commerciale, il Regional Comprehensive Economic Partnership – siglato tra i paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico (ASEAN) più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.[11] La maggiore influenza commerciale e finanziaria garantita dai due accordi nelle aree regionali di riferimento, ha chiaramente un forte impatto anche sulla geopolitica globale. La distensione dei rapporti che la Cina ha avviato – prima con il blocco ASEAN e poi, nel caso specifico del CAI, con i paesi dell’Eurozona – non solo rimette nuovamente al centro delle dinamiche economiche Pechino, ma ne incrementa soprattutto il peso politico. Un discorso, questo, che acquisisce valenza specialmente in un‘ottica di competizione con gli Stati Uniti;[12] l’amministrazione Biden-Harris ha pubblicamente espresso la propria contrarietà alla conclusione dell’accordo, oltre che reticenza circa le pratiche economiche cinesi, intimando i partner europei a confrontarsi maggiormente circa le preoccupazioni statunitensi[13]. La controversa firma dell’accordo da parte europea sembra dunque rimarcare in modo netto le divergenti vedute con cui UE ed USA si sono approcciati al dossier cinese: Bruxelles, pur rimanendo all’interno di una cornice transatlantica, è ben consapevole di quanto il baricentro della crescita mondiale si sia ormai spostato ad Oriente.[14] La conclusione del CAI, dunque, costituisce per la Cina una vittoria diplomatica importantissima: il Gigante asiatico, pur essendo ritenuto un “rivale sistemico”, rimane per l’UE un partner essenziale, non solo nella lotta al Covid19 e al cambiamento climatico.[15]

Le continue violazioni di Pechino in tema di diritti umani hanno rappresentato uno dei principali ostacoli alla conclusione dell’accordo sugli investimenti. Il Parlamento Europeo, infatti, ha recentemente votato una risoluzione[16] affinché il CAI inducesse ad un maggior rispetto delle convenzioni internazionali contro il lavoro forzato. Chiaro, sin da subito, il riferimento alla minoranza musulmana degli Uiguri nello Xinjiang, concentrata in centri di detenzione e sottoposta a lavori forzati e trattamenti degradanti – sebbene Pechino, dal canto suo, si difenda parlando di “centri di formazione professionale”, utili a combattere la povertà e l’estremismo diffusi nella regione e considerati una delle principali minacce alla stabilità e sicurezza nazionale. In materia, la Cina ha accettato di “compiere sforzi continui e sostenuti” per portare avanti la ratifica delle convenzioni fondamentali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro contro il lavoro forzato ma senza alcun impegno specifico, non è dunque escluso che, in futuro, l’UE possa introdurre nuove sanzioni per le violazioni condotte dal regime in tema.[17] 

Nuova Via della Seta
L'Italia ha aderito al progetto della Nuova Via della Seta senza sentire prima il parere dell'UE Wikimedia Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0) https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/

Cina e UE …e l’Italia in tutto ció?

Al netto dell’importanza storica dell’accordo, a lasciare perplessi è certamente la posizione dell’Italia, improvvisamente estromessa dal tavolo delle trattative. Nonostante la firma del Memorandum of Understanding del 2019 per aderire alla Nuova Via della Seta – ricordiamo che l’Italia è il primo ed unico paese del G7 a prendere parte alla One Belt One Road (OBOR) – lasciasse ben sperare per un rafforzamento delle relazioni sino-italiane, il ruolo che ad oggi spetta all’Italia è quello di semplice spettatrice dei negoziati, guidati dal format franco-tedesco.[18] Forte l’insoddisfazione italiana che, pur avendo invitato Francia e Germania ad una maggiore trasparenza condividendo le bozze dell’intesa, non ha ottenuto alcun risultato. Soprattutto la presenza di Macron, ha affermato il Sottosegretario degli Esteri Ivan Scalfarotto, è stata giudicata un vero smacco: se la Merkel ha potuto presenziare alla videoconferenza in quanto Presidente di turno del Consiglio dell’UE, la presenza del leader francese, invece, ha infranto il protocollo europeo, scavalcando di fatto gli altri 25 paesi membri. Il CAI sembra così gettare lo spettro del fallimento anche in merito all’accordo sulla Via della Seta concluso nel 2019: “un fallimento – ha affermato Scalfarotto – sia sul piano commerciale che politico. Se la logica italiana alla base della firma era l’auspicio di un aumento dei rapporti commerciali ed economici con la Cina, si può dire che a 18 mesi di distanza il calcolo si sia rivelato quantomeno ottimistico, se non del tutto fallace, privando il nostro paese anche della credibilità necessaria per giocare il ruolo di leader nella negoziazione”.[19] Il timore prevalente è che si stiano delineando nuovi rapporti di forza dai quali l’Italia rischia seriamente di essere estromessa, soprattutto alla luce delle opportunità che potrebbero derivarle dalla partecipazione al CAI – l’automotive, infatti, costituisce il 7% del PIL italiano, così come le aziende leader Enel ed Eni potrebbero avvantaggiarsi non poco della maggiore apertura di Pechino.[20]

Antonella Iavazzo

[1] http://www.xinhuanet.com/english/2020-12/30/c_139630412.htm

[2] http://www.xinhuanet.com/english/2020-12/30/c_139630735.htm

[3] http://www.xinhuanet.com/english/2020-12/30/c_139630412.htm

[4] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ue-cina-il-super-accordo-sugli-investimenti-28820

[5] https://www.money.it/market-mover-della-settimana-4-8-gennaio-2021

[6] https://www.ilsole24ore.com/art/cresce-sfiducia-le-aziende-europee-cina-allarme-i-contraccolpi-guerra-dazi-ACjg82E

[7] https://www.china-files.com/intesa-cina-ue-su-latteso-accordo-di-investimento-bilaterale/

[8] https://aspeniaonline.it/ue-cina-un-accordo-parziale-e-molte-questioni-geopolitiche-aperte/

[9] La “Foreign Investment Law” è un provvedimento atto a proteggere in misura maggiore gli interessi di investitori stranieri nel territorio cinese. Tra le misure previste, l’accesso delle imprese straniere agli appalti pubblici attraverso concorrenza leale e l’impossibilità di fare ricorso a sanzioni e licenze amministrative per trasferimento di tecnologie. Maggiori info su: http://www.xinhuanet.com/english/2020-01/01/c_138670986.htm

[10] https://www.ilsole24ore.com/art/i-leader-europa-e-cina-collegamento-chiudere-l-accordo-investimenti-ADmIXqAB

[11] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/rcep-il-nuovo-motore-della-crescita-asiatica-28345

[12] Ibid.

[13] https://twitter.com/jakejsullivan/status/1341180109118726144

[14] https://aspeniaonline.it/ue-cina-un-accordo-parziale-e-molte-questioni-geopolitiche-aperte/

[15] https://www.china-files.com/intesa-cina-ue-su-latteso-accordo-di-investimento-bilaterale/

[16] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/RC-9-2019-0246_IT.html

[17] https://formiche.net/2020/12/accordo-ue-cina-ghiretti/

[18]https://it.insideover.com/economia/ue-cina-via-libera-a-un-accordo-storico-ma-litalia-e-stata-estromessa-dalle-trattative.html

[19] https://formiche.net/2020/12/accordo-ue-cina-italia/

[20] https://it.insideover.com/economia/ue-cina-via-libera-a-un-accordo-storico-ma-litalia-e-stata-estromessa-dalle-trattative.html

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