A partire dal 1972 la Comunità Internazionale ha preso atto della pericolosità degli effetti del cambiamento climatico sulla vita degli esseri umani e sull’ambiente[1]. In questi ultimi 40 anni sono stati fatti grandi passi in avanti, a partire dalla ricerca scientifica per contrastare gli effetti irreversibili del cambiamento climatico, all’azione politica globale volta a promuovere società sempre più sostenibili, ai grandi cambiamenti tecnologici in ambito di fonti energetiche rinnovabili, arrivando fino alla geoingegneria. Tanto si è fatto finora, ma tanto c’è ancora da fare. Nel 2020 non possiamo più continuare a parlare in termini moderati quando parliamo di cambiamento climatico, è arrivata l’ora di trattare questo problema per ciò che è davvero: un’emergenza ambientale, economica, politica e umana.
E’ con questa consapevolezza che gli accademici di tutto il mondo sostengono fermamente che prezzare il carbonio sia una mossa strategica importante per il raggiungimento degli ambiziosi target di riduzione delle emissioni di CO2, per facilitare la transizione ad un sistema economico a zero emissioni e invertire quindi la rotta del surriscaldamento globale entro il 2050[2]. Per conoscere quali sono le petizioni e iniziative europee su questo tema, vi invito a leggere l’articolo di Giovanni Sgaravatti qui su Jeune Europe “Detassare il lavoro tassando la CO2”.
CHE COS’E’ IL CARBON PRICING?
Per poter spiegare che cos’è il carbon pricing (prezzo sul carbonio), è necessario innanzitutto spendere due parole su cosa sono le politiche ambientali e quali sono gli strumenti per poterle attuare. Quando parliamo di politiche ambientali intendiamo tutte quelle strategie definite a livello governativo per risolvere dei problemi che impattano negativamente sull’ambiente e sulla società. Una volta definite queste strategie, è necessario trovare i metodi e gli strumenti più adeguati per poterle implementare in modo più efficiente possibile. In questo contesto, possiamo dividere gli strumenti di politica ambientale in due macro-gruppi: strumenti basati sui meccanismi di mercato (market-based) e i regolamenti/legislazioni ambientali (command-and-control). Quando si parla di carbon pricing, ci si riferisce ad un insieme di strumenti basati su meccanismi di mercato. In questo gruppo di strumenti, possiamo incontrare sia le tasse sulle emissioni di CO2 (strumento price-based) sia sistemi cap-and-trade come l’EU ETS (strumento quantity-based).
Secondo gli economisti, il modo migliore per poter ridurre le emissioni di CO2 è di utilizzare strumenti basati su meccanismi di mercato. Attualmente sono più di 50 i paesi nel mondo che hanno adottato il carbon pricing quale strumento per ridurre le emissioni di CO2[3].
PERCHÉ ADOTTARE IL CARBON PRICING?
In termini economici le emissioni di CO2 rappresentano un’esternalità negativa. Si parla di esternalità negativa quando il prezzo di mercato dei beni/servizi non riflette il costo reale nella società. Ad esempio, il prezzo del cherosene usato come carburante degli aerei riflette solo il costo di produzione e non prende in considerazione anche il danno generato dalle emissioni di CO2 alla la società[4]. Questo significa che, nel contesto dei trasporti aerei, le decisioni che le imprese e i consumatori prendono non risultano nell’interesse della società perché sono basate su prezzi che non riflettono il costo reale: i consumatori trovando economico prendere un aereo, aumenteranno la frequenza dei propri viaggi contribuendo all’incremento delle emissioni a discapito dell’interesse collettivo; le aziende di aviazione, d’altra parte, aumenteranno la propria offerta di viaggi più di quanto sarebbe ottimale per la società. Quindi capiamo che, in presenza di esternalità negativa causata dalle emissioni di CO2, il mercato non è in grado di agire nell’interesse della società e si parla di fallimento di mercato. Come si può risolvere questo fallimento? Sistemando i prezzi, facendo in modo che il prezzo pagato per un determinato bene o servizio rifletta anche il costo ambientale. In poche parole, istituendo un carbon pricing attraverso una tassa sulle emissioni[5] o adottando un sistema di permessi di emissione (cap-and-trade system)[6].
I LATI POSITIVI DEL CARBON PRICING
Il carbon pricing è uno strumento molto amato dagli economisti, non solo perché può risolvere l’esternalità negativa generata dalle emissioni, ma anche perché permette di raggiungere gli obiettivi di riduzione di emissioni in tempi veloci e ad un costo basso. In altri termini, è uno strumento “cost-effective” che apporta grandi benefici al minor costo possibile. Il prezzo messo sulle emissioni di CO2 oltre a portare ad una riduzione del consumo di carburanti fossili, crea anche un incentivo per l’utilizzo e lo sviluppo di tecnologie e fonti di energia non inquinanti[7]. A differenza di altri strumenti di politica ambientale (come ad esempio gli incentivi sul solare), che creano una distorsione all’interno del mercato delle fonti di energia rinnovabile, il carbon pricing lascia libera la competizione tra le varie alternative di energia pulita, permettendo a quella migliore di emergere. La maggiore competizione spinge anche gli investimenti in ricerca e sviluppo verso tecnologie innovative, favorendo la creazione di una società sempre più sostenibile e all’avanguardia nelle tecnologie ‘pulite’.
I LATI NEGATIVI DEL CARBON PRICING (che peró possono diventare positivi)
In concreto quale sarebbe l’impatto di adottare il carbon pricing? Con alta probabilità il costo ricadrebbe totalmente sui consumatori, in quanto i produttori e le aziende che inquinano aumenterebbero i prezzi dei prodotti e servizi offerti. Questo è inevitabile, ma è anche necessario e utile perché con l’aumento dei prezzi di beni e servizi dannosi per l’ambiente, i consumatori saranno incentivati a fare scelte più sostenibili. In risposta a questo cambiamento nelle preferenze di consumo, le aziende saranno spinte a trasformare il proprio modus operandi e a offrire beni e servizi in linea con la domanda.
Una critica spesso mossa alle tasse sulle emissioni è che esse colpiscono maggiormente le categorie a reddito più basso della società. Anche questo è vero. Ma tale problema si può ovviare se i ricavi derivanti dalla tassazione vengono utilizzati per detassare il lavoro, perché ciò che uccide l’occupazione e alimenta la spirale della disoccupazione non sono le tasse ambientali ma quelle sul lavoro. Abbassando questa tassazione, si riduce la disoccupazione, si crea impiego e si possono offrire salari più alti alle fasce più svantaggiate[8].

In conclusione, il carbon pricing può essere uno strumento chiave non solo per migliorare le condizioni ambientali, ma anche per migliorare le condizioni dei gruppi più vulnerabili della società, i quali sono i beneficiari indiretti della minore tassazione del lavoro. Tuttavia, poiché il beneficio di questa politica viene visto solo nel lungo termine, mentre i costi sono immediati, al giorno d’oggi è ancora impopolare dal punto di vista politico parlare di carbon pricing[9]. Il consenso è difficile da raggiungere in questo contesto e la grande sfida politica rimane quella di riuscire a trovare il giusto compromesso tra tutela ambientale e consenso sociale.
[1] UN Conference on the Human Environment 1972 https://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/CONF.48/14/REV.1
[2] Paris Agreement 2015 https://unfccc.int/files/essential_background/convention/application/pdf/english_paris_agreement.pdf
[3] State and Trends of Carbon Pricing 2018 https://openknowledge.worldbank.org/bitstream/handle/10986/29687/9781464812927.pdf
[4] Kerosene Currently Untaxed https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-9-2019-004459_EN.html
[5] Pigou, Taxation and Public Goods http://personal.lse.ac.uk/sternn/009NHS.pdf
[6] How Cap-and-Trade Works https://www.edf.org/climate/how-cap-and-trade-works
[7] How Carbon Pricing Accelerates Innovation https://www.weforum.org/agenda/2017/10/how-carbon-pricing-accelerates-innovation/
[8] Environmental Fiscal Reform in Developing, Emerging and Transition Economies: Progress & Prospects http://www.worldecotax.org/downloads/info/documentation_gtz-Workshop.pdf
[9] Economists Love Carbon Taxes. Voters Don’t https://www.forbes.com/sites/howardgleckman/2018/12/27/economists-love-carbon-taxes-voters-dont/#324951784338