Nelle classifiche di Blogmeter, Forbes, Lyst, Financial Times degli ultimi anni Chiara Ferragni si posiziona, unica italiana, tra le donne internazionali più influenti nel mondo della moda e non solo. La sua voce, progressivamente sempre più autorevole, racconta una quotidianità di imprenditrice, madre, donna e i sogni di ragazzina con i toni della positività, senza escludere i riferimenti all’attualità.
«L’arte e la filosofia devono confrontarsi con i fenomeni, con i personaggi che hanno trasformato il nostro spazio pubblico, il nostro immaginario contemporaneo. Se esistesse uno spirito del tempo, […] probabilmente Chiara Ferragni ne sarebbe la perfetta declinazione»[1], afferma Lucrezia Ercoli parlando del suo ultimo libro, Chiara Ferragni. Filosofia di una influencer. Con una prospettiva di analisi pop-filosofica, Ercoli sfronda il fenomeno Chiara Ferragni sia dei moralismi e delle visioni apocalittiche che ne fanno il simbolo della nostra decadenza sia dell’elogio e della tendenza agiografica che lo elevano incondizionatamente.

Ma perché, come il soffione o dente di leone, con un colpo di vento l’influencer si è diffusa dappertutto con un raggio d’azione vasto e imprevedibile? Due gli aspetti che hanno reso il fenomeno Chiara Ferragni così potente, persuasivo ed efficace: imitazione e narrazione. A questi si aggiunge il tempismo dell’uso di nuovi strumenti di comunicazione per emergere dalla massa in un periodo in cui, appena nati, le possibilità che essi offrivano contemplavano una concorrenza meno spietata di quella odierna[2].
Chiara Ferragni e il mito della normalità di everywoman
Un fatto è certo: Chiara Ferragni è un mito. Nell’epoca del web, la creatrice di The Blonde Salad offre un modello di identificazione che non genera complessi di inferiorità e il cui culto è fondato sul concetto di normalità, reale o presunta che sia. «La vita di Chiara Ferragni e Fedez è iscritta nel paradigma narrativo della normalità – scrive Lucrezia Ercoli – nessun eccesso, nessuna perversione, nessuna dipendenza, nessuno scandalo […] La normalità ordinaria di una coppia di giovani genitori che si dispiega in un contesto straordinario»[3] e che solletica il taciuto di ognuno: vivere nell’amore, giocare con le proprie imperfezioni fisiche, godersi le cose semplici, insomma essere felici. E il contesto straordinario rende il tutto assolutamente desiderabile.
Ma c’è di più. La normalità di Chiara Ferragni giunge al culmine di un percorso che riproduce quello di everyman verso l’American dream, quello dell’uomo medio senza qualità eccezionali che sogna di emergere. Con una differenza fondamentale: Chiara è donna e trasforma l’everyman in everywoman, strizzando l’occhio (proprio come il suo logo) ai maschilismi che vorrebbero le donne prima di tutto madri, e solo poi imprenditrici. «Chiara incarna la possibilità per una donna di “inventarsi una professionalità senza chiedere la benedizione di qualcuno”»[4], scrive Lucrezia Ercoli citando Giulia Blasi a proposito dell’inclinazione pedagogica che permea molte accuse rivolte alla Ferragni come emblema del mondo della moda e della vacuità. Ferragni-everywoman è, quindi, l’incarnazione confortante del comune desiderio di farcela, di essere riconosciuti unici e talentuosi. Non a caso i suoi mantra sono “do it yourself” e “volere è potere” e fanno di lei una sorta di motivational speaker e di exemplum. Infatti, se soltanto come motivational speaker non potrebbe essere credibile considerata la reiterazione di frasi banali, i traguardi raggiunti colmano le lacune dei suoi discorsi e le conferiscono lo status di ispirazione vivente.
Parlare autentico = Raccontare una storia
Semplicità, accessibilità e positività sono i pilastri del racconto intimistico, quasi diaristico, dell’influencer. Critiche, negatività e snobismo non trovano spazio nel regno dell’happy ending che elide (o elude?) il conflitto, lasciando invece ampio spazio alle evidenze e alle tautologie. Così, un vestito è bello per il semplice fatto che viene indossato e descritto come super cute. Al contrario, chi è interessato a una narrazione più complessa che alla luce aggiunge le ombre, le lacrime, il non detto segue (anche) Fedez, capace di rendere “sostenibile” lo storytelling rosa e glitterato di Chiara. Eppure, anche quando sembra distaccarsene ironicamente quasi fosse un contraltare della moglie, Fedez «vi aderisce perfettamente come il tassello mancante del puzzle»[5]. Per entrambi la narrazione si fonda sulla retorica dell’autenticità, cioè sulla «costruzione complessa e raffinata»[6] della spontaneità quotidiana.
La «costruzione di una grammatica dell’autenticità con il linguaggio tipico del mondo contemporaneo» fa di Chiara Ferragni «più di un mero fenomeno di marketing di successo»[7]. L’influencer italiana più conosciuta del mondo descrive un cambio di paradigma: le nuove tecnologie ci hanno catapultato in un’epoca, l’epoca narrativa, che coinvolge senza soluzione di continuità anche il marketing. Dalla brand image si è passati alla brand story; il digital storytelling è divenuto un’arma di persuasione di massa che produce una favola collettiva e ad essa lega emozioni che la rendono un nuovo prodotto culturale. È qui che si inserisce la narrazione dei Ferragnez, nella subordinazione della vendita al racconto di una storia, legando il prodotto al sentimento grazie al narratore – al testimonial, per meglio dire. «Le cose non sono più solo cose […] si trasformano in cose sentimentali», in «desideri di felicità»[8], scrive Ercoli. Anche noi, prede di un più o meno consapevole bovarismo, possiamo sognare e (fingere di) essere qualcuno, imitandone lo stile per pensarci diversi.

Chiara Ferragni ti promette la felicità.
Ecco, allora, innescato il proprio processo di imitazione, nato con l’azione di un linguaggio e di un comportamento che sottendono una promessa: anche tu puoi essere un/una influencer, cioè anche tu puoi essere felice. Con Chiara Ferragni è la felicità il modello a cui si aspira, prima ancora del lusso, della celebrità, dei mille capi firmati. E si tratta di una felicità inclusiva che vive da un lato della stanzialità, degli affetti e del focolare domestico e dall’altra del nomadismo, dei viaggi per il mondo, delle conferenze: niente è escluso, anzi la rinuncia sembra non essere affatto presente poiché, alla fine della storia, c’è tutto quello che si può desiderare. Poco importa che le cose non siano esattamente così semplici e accessibili, «Chiara Ferragni incarna un romanzo di formazione per nuove generazioni, immerso fino al collo nella cultura di massa e nel sistema dei consumi. […] Una storia confortante che risponde al desiderio disperato, sopito dentro ciascuno di noi, di essere unici e riconoscibili, di lasciare un segno nel mondo, di scoprire un talento in cui eccellere e per il quale avere successo ed essere, finalmente, felici»[9].
In ultima istanza, che ci piaccia o meno, parlare di Chiara Ferragni significa, in qualche misura, parlare di noi, del «processo inconcluso di diventare se stessi, di credere nei propri desideri anche se sembrano irrealizzabili»[10]. Anche noi viviamo nello spazio pubblico, ci costruiamo dentro e fuori dai social, sempre cercando di dar forma ad una personale grammatica dell’autenticità che restituisca di noi un’immagine quanto più possibile aderente a ciò che siamo o a ciò che vorremmo essere.
BIBLIOGRAFIA
- L. Ercoli, Chiara Ferragni. Filosofia di un’influencer, Il Melangolo, Genova, 2020
- Lucrezia Ercoli. Chiara Ferragni. Filosofia di una influencer. Il romanzo di formazione contemporaneo, Rai Cultura – Filosofia, https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2020/11/Lucrezia-Ercoli-Chiara-FerragniFilosofia-di-una-influencer-a189f38f-a8b9-4f50-9b62-4050bc830e3b.html?wt_mc
[1] https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2020/11/Lucrezia-Ercoli-Chiara-FerragniFilosofia-di-una-influencer-a189f38f-a8b9-4f50-9b62-4050bc830e3b.html?wt_mc
[2] «Chiara Ferragni è stata la pioniera italiana di una trasformazione già in atto oltreoceano: la desacralizzazione e la democratizzazione del mondo della moda invaso dagli ultracorpi del web» p. 30
[3] P. 81
[4] p. 106
[5] p. 71
[6] p. 36
[7] https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2020/11/Lucrezia-Ercoli-Chiara-FerragniFilosofia-di-una-influencer-a189f38f-a8b9-4f50-9b62-4050bc830e3b.html?wt_mc
[8] p. 63
[9] pp. 38-39
[10] p. 39