Cosa é lo Smart Power?

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Antonella Valenti

Antonella Valenti

Il concetto di smart power venne elaborato per la prima volta da Joseph Nye[1] nel libro “Soft power. Un futuro per l’America (Einaudi, 2004) in cui ha affermato che lo smart power è la capacità di combinare le risorse di hard power e del soft power in strategie efficaci a seconda dei contesti. Per chiarire in modo esaustivo i concetti portanti della teoria dello smart power: l’uso della forza, la ricompensa e l’impostazione dei programmi d’azione basata su questi ultimi costituiscono ciò che Nye definisce hard power; nella sua definizione completa, invece, il soft power è la capacità di influenzare gli altri cooptandoli mediante l’impostazione del programma, la persuasione e l’attrazione positiva, allo scopo di ottenere i risultati desiderati. Come afferma lo studioso, l’hard power fa pressione, il soft power esercita un richiamo. Il soft e l’hard power sono correlati poiché entrambi sono approcci per conseguire i propri obiettivi influenzando il comportamento degli altri[2].

smart power

Secondo lo studioso Wilson, l’approccio allo smart power nasce dalla consapevolezza che il soft e l’hard power non costituiscono semplici strumenti neutrali da esercitare in modo indipendente. Essi costituiscono istituzioni e culture istituzionali separate e distinte che esercitano le proprie influenze normative sui singoli, ciascuno con i propri atteggiamenti, incentivi e percorsi di carriera attesi. Lo smart power vuol dire conoscere i punti di forza e le limitazioni di questi strumenti[3]. Un esempio sul soft power potrebbe essere quello dei grandi investimenti fatti dalla Cina per promuovere la cultura cinese in tutto il mondo: secondo Nye la creazione di diverse centinaia di Istituti Confucio in tutto il mondo e l’incremento del numero di trasmissioni radiotelevisive internazionali, hanno lo scopo di attirare gli studenti stranieri nelle università cinesi. Affiancando alla crescita del suo hard power un’avvincente discorso sul soft power, la Cina ha cercato di usare lo smart power per trasmettere l’idea dell’ascesa pacifica volta alla conoscenza e alla cultura[4].

In generale, le risorse associate all’hard power includono fattori tangibili come la forza ed il denaro, mentre tra quelle associate al soft power si annoverano sovente fattori intangibili come le istituzioni, le idee, i valori, la cultura e la legittimità percepita dalle politiche. L’efficacia del soft power nel conseguire determinati risultati dipende molto più dal soggetto destinatario di quanto normalmente non accada con l’hard power.  Ma la relazione non è perfetta in quanto risorse intangibili come il patriottismo e la legittimità incidono notevolmente sulla capacità militare di combattere e vincere; anche la minaccia di usare la forza è un fattore intangibile, benché sia un aspetto dell’hard power[5].

Nella politica internazionale, le risorse che producono soft power si basano in gran parte dai valori che un’organizzazione o un paese ha espresso nella propria cultura, negli esempi che dà con le sue pratiche e politiche interne e nel modo in cui gestisce i suoi rapporti con gli altri; ma se i contenuti della cultura, dei valori e delle politiche di un paese non sono attraenti, la diplomazia pubblica che li trasmette non può produrre soft power, anzi, potrebbe produrre l’opposto. Ad esempio, come cita Nye, se si dovessero esportare i film di Hollywood pieni di nudità e violenze nei paesi musulmani conservatori, ciò produrrebbe repulsione piuttosto che soft power[6].

Bisognerebbe specificare che lo smart power non è soltanto un “soft power 2.0”, ma si tratta di un concetto valutativo oltre che descrittivo. Inoltre, si supera la limitazione ad applicare il concetto agli Stati Uniti d’America, infatti come afferma Nye, lo smart power è alla portata di tutti gli Stati e degli attori non statali. Il Centro per gli Studi Strategici e la Commissione di Studi Internazionali hanno teorizzato il concetto affermando che per smart power si intende sviluppare una strategia integrata, una base di risorse e un kit di strumenti per raggiungere gli obiettivi, attingendo sia all’hard power sia al soft power.

Poiché il termine è stato utilizzato dall’amministrazione Obama, alcuni analisti pensano che si riferisca unicamente agli Stati Uniti, mentre altri studiosi lo considerano come uno slogan per poter incrementare un discorso propagandistico, il concetto può essere utilizzato a scopo di analisi e non è in alcun modo limitato agli Stati Uniti[7]. Attualmente la ricerca di smart power non è guidata soltanto dalle scelte giuste o sbagliate del singolo leader. Le nazioni sofisticate hanno tutto: smart bombs, smart phones, smart blogs, solo per citarne alcuni. Qualsiasi attore che ha l’ambizione di migliorare la sua posizione nel mondo cerca di costruire strategie attorno questi nuovi fondamenti di smartness[8].

Una risorsa importante di soft power è la cultura, essa è l’insieme dei comportamenti sociali mediante i quali i gruppi trasmettono conoscenze e valori ed esiste a molteplici livelli. La cultura non è mai statica e culture differenti interagiscono in modi diversi e con il passare del tempo si influenzano a vicenda[9]. La cultura e la leadership sono due facce della stessa medaglia, poiché nel creare gruppi e organizzazioni i leader creano innanzitutto cultura. Una volta che la cultura esiste, questa determina i criteri della leadership e quindi chi può o non può essere un leader. Ad esempio, in diverse aree in Medio Oriente esistono subculture nazionali, regionali, locali, religiose, organizzative e di altra natura. Dunque, i leader devono affrontare difficoltà impietose per comprendere i contesti culturali dei diversi paesi e devono anche rendersi conto che il loro stile di comunicazione ha effetti diversi su opinioni pubbliche differenti[10].

Secondo Brannen, ricorrere allo smart power non è molto complicato, bisogna prendere maggior coscienza degli strumenti in possesso, e soprattutto, rivalutare le alleanze e la postura difensiva, in un modo che è cambiato velocemente negli ultimi anni. Il ricorso all’hard power non è sempre indispensabile, in quanto bisogna pensare “oltre alla canna di fucile”[11].

Lo smart power nel XXI secolo non consiste nel massimizzare il potere o nel preservare l’egemonia, bensì nel trovare i modi di combinare le risorse in strategie di successo in un nuovo contesto caratterizzato dalla diffusione del potere e dall’ascesa di altri attori[12]. Ciò consisterebbe in una strategia che mette in relazione mezzi e fini e ciò richiede chiarezza sugli obiettivi (risultati desiderati), le risorse e le tattiche per il loro utilizzo. Una strategia smart deve rispondere anche a una seconda domanda: quali sono le risorse di potere disponibili e in quali contesti possono essere utilizzate. Inoltre, è essenziale avere una visione precisa delle capacità e delle inclinazioni dei potenziali avversari. Nella maggior parte dei casi una buona comprensione del soggetto destinatario è essenziale per calibrare le tattiche usate per combinare tra loro le risorse di potere[13].

Antonella Valenti

References

[1] Joseph Samuel Nye Jr. (nato il 19 gennaio 1937) è uno scienziato politico americano. È il cofondatore, insieme a Robert Keohane, della teoria delle relazioni internazionali del neoliberalismo, sviluppata nel loro libro del 1977 Power and Interdependence. Insieme a Keohane, ha sviluppato i concetti di interdipendenza asimmetrica e complessa. Più recentemente, ha spiegato la distinzione tra hard power e soft power, e ha aperto la strada alla teoria del soft power. La sua nozione di smart power è diventata popolare con l’uso di questa frase da parte dei membri dell’amministrazione Clinton, e più recentemente l’amministrazione Obama; è stato capo del National Intelligence Council, vicepresidente del Sottosegretariato di Stato e sottosegretario alla Difesa durante l’amministrazione Clinton. (Laterza, 2012

[2] Nye J., Smart Power, Laterza, 2012, p. 26.

[3] Wilson E. J., Hard Power, Soft Power, Smart Power, The Annals of the American Academy of Political and Social Science, Vol. 616, 2008, pp.110-116.

[4] Nye J., op. cit., pp. 13-14.

[5] Nye J., op. cit., pp. 24-26.

[6] Nye J., Diplomacy and Soft Power, The Annals of the American Academy of Political and Social Science, Vol. 616, 2008, p. 95.

[7] Nye J., op. cit., p. 248.

[8] Wilson E. J, op. cit., pp. 112-113.

[9] Geertz C., Interpretazioni di culture, il Mulino, 1998, p. 73.

[10] Nye J., Leadership e potere: hard, soft e smart power, Laterza, 2009, pp.108-113.

[11] Brannen S., How to make a Great Power a Smart Power, Georgetown Journal of International Affairs, Vol.10, 2009, pp. 169-174.

[12] Nye J., op. cit., pp.246-247.

[13] Craig G. e Gilbert F., Reflections on Strategy in the Present and Future, in Makers of Modern Strategy: From Machiavelli to the Nuclear Age, Princeton University Press, 1986, pp. 871-872.

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