Il coraggio dell’originalità

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Alessio Vagaggini

Alessio Vagaggini

Giovanni Sgaravatti

Giovanni Sgaravatti

Passeggio ammaliato per le strade di Utrecht. Il cielo è squarciato da raggi di sole irregolari mentre la mia giornata è regolarmente immersa in una città magica.

Il semaforo è rosso. Mi fermo, rifletto.

La bambina con il palloncino, Bansky NY

Un’altra giornata si riempie e scorre veloce come il treno che sfreccia per la campagna olandese a pochi chilometri. Da uno dei tanti canali che circondano il centro della città si apre una vista sublime; da qui lo sguardo attento intravede tutte le opere d’arte che la città offre. Lo sguardo non si posa oggi su opere divine, ma molto più terrene: forse meno conosciute, sicuramente non di minore attrattività.

Ho sempre amato l’arte di strada, in tutte le sue forme. E’ un meraviglioso modo per esprimere libertà e vitalità; il pretesto, sempre più raro quindi prezioso, di uscire da questo mondo di standardizzazione e luoghi comuni ed assaporare un po’ di originalità. Ciò che ancor più mi stupisce è che, semplicemente, riesce a rendermi felice; è un’attività che prende tempo, richiede contemplazione, e una volta assaporata lascia sensazioni che ripagano di ogni momento ad essa dedicato. Contemplare, un’arte anch’essa preziosa ed irrinunciabile per un certo tipo di esistenza, i cui spazi vengono sempre più essiccati dagli imperativi categorici del mondo post-capitalista.

L’arte, di per sé cosa straordinaria, viene spesso interpretata da persone anch’esse straordinarie: credono in sé stesse ed hanno fiducia nei loro mezzi, e dedicano anni interi del loro vivere per imparare i trucchi del loro mestiere, che sia la pittura, la scrittura, o i gesti da giocoliere. Nel suo semplice esistere l’espressione artistica è di per sé una devozione, un grido di uscita dalle maglie troppo strette della quotidianità, una boccata d’ossigeno in un mondo sempre più soffocato e soffocante. Di questa categoria l’arte nelle strade è la più intrigante, poiché rappresenta il cuore delle nostre città, il suo riflesso all’esterno che non ha timore né vergogna di mostrare il suo volto, variopinto e solare.

L’arte e l’originalità sono parte integrante di quel percorso di conoscenza reciproca che oggi abbiamo la fortuna di sperimentare. Sono poco più di trent’anni che il progetto Erasmus è stato inaugurato e credo sia giunto il momento di fermarsi a riflettere e guardare le cose con una prospettiva più ampia. Non scriverò qui quanto l’Erasmus sia importante ed arricchente, ma mi soffermerò sul suo potere liberatorio e sulle possibilità che quest’esperienza ci dona. Gli studenti che intraprendono il percorso di mobilità nella loro carriera sono ancora una piccola, fortunata e ben preparata minoranza (il 5% circa nell’anno accademico 2011-2012) [1]. Siamo fortunati, non solo perché studiamo in luoghi dove queste possibilità sono attivate, ma soprattutto perché abbiamo Università e famiglie che ci sostengono in questo percorso di crescita.

La fortuna alla quale qui ci si riferisce è vista nella luce di Machiavelli, non il fato che padroneggia il destino degli uomini bensì la forza di tutto ciò che sfugge al suo dominio: una finestra d’opportunità precisa nella quale potersi inserire. Ed è proprio questa fortuna che si può legare alle nostre virtù, poichè siamo capaci, perché abbiamo eccelso nei nostri studi e perché abbiamo vinto contro la paura dell’ignoto. Infine ne usciamo con una rete di amicizie che si spande per tutto il mondo, con un forte spirito di adattabilità, con una migliore conoscenza di noi stessi e di una lingua straniera.

Come adesso, a livello micro, getto lo sguardo sul canale che mi sorregge e sull’acqua che scorre via insieme ad i miei pensieri, così viaggiando osservo come la vita si fa al di là di quei mattoni, di quel treno e di quel cielo irregolare, e la sola forza di quello sguardo, di quel viaggiare, è moto conoscitivo.

Recentemente ho letto un articolo che enfatizza come le nuove generazioni vogliano cambiare il mondo senza averne le capacità e senza sapere cosa fanno, l’articolo concludeva proclamando che tutti i “millenials” sono destinati a sbattere contro la nuda e cruda realtà ed essere insoddisfatti della vita. Niente di più ipocrita.

Credo fermamente che non dobbiamo solo provare a cambiare il mondo ma abbiamo il dovere di farlo; di non accettare schemi e modelli imposti, ma di farci pars costruens in questo processo di modellamento della realtà. Non si tratta di una legge naturale, di un’azione mossa da chissà quale dimensione superiore. E’ il semplice esistere, il semplice respirare in quanto esseri pensanti che ci impone di prendere delle posizioni, di riflettere, di riempire le nostre mani con un libro, un pennello, una speranza e non (solo) con un drink o un i-phone. Non prendete male queste parole, questo non è un appello ad aderire ad un’organizzazione no profit o ad una ONG. Ciò a cui mi riferisco è prendere coscienza delle nostre potenzialità, della bellezza dei nostri desideri e della forza con cui li possiamo esprimere. Abbiamo l’opportunità di fare ciò che per noi è importante, ne abbiamo le capacità, il tempo e l’occasione, una combinazione difficile da trovare altrove.

Prendiamone coscienza e mostriamoci al mondo intero, noi, i nostri valori e la nostra originalità, così come fanno gli artisti. Non dobbiamo aver paura di osare e per questo rinchiuderci nelle strade più semplici; la vita è una, e dobbiamo realizzarla in quel poco spazio che il fato ci ha donato prima che quella (ahimè) breve luce si esaurisca, senza rendercene nemmeno conto.

Kenny Random, Padova

L’originalità è l’unica chiave per salvare la nostra generazione, l’unico modo per rompere quel muro d’ indifferenza che chiude le menti ed offusca i lumi. A chi chiama all’uniformità dei modi e dei pensieri rispondiamo con il gioco delle forme e con la diversità di vedute. Senza originalità non avremmo avuto Kant, Rubens e Cervantes, individui unici, che hanno saputo cogliere nella loro fortuna un’opportunità per concretizzare un sapere ormai divenuto patrimonio comune. La fortuna di Machiavelli che si associa alla virtù: il Principe che nel mare della fortuna intravede l’occasione adatta per la sua virtù (originalità?), la coglie e cambia una vita che per buona parte è in mano sua. Il mondo interno che studia l’esterno per capirlo, per far si che “carpe diem”, oltre che un monito, diventi concretezza.

Mentre rifletto rivolgo lo sguardo alle mie spalle e nella massa di persone che vanno e vengono al centro della strada, noto un ragazzo che dipinge qualcosa per terra.

E’ il volto di una donna. Lo vedo vivere grazie ai toni forti ed accattivanti che compongono la sua fisionomia. Non è bella né affascinante, ma non so perché non riesco a staccare il mio sguardo dal suo profilo.

Dopo un po’ mi avvicino.

Il ragazzo alza lo sguardo verso di me e sorride.

Lentamente inizio a capire.

Rincorriamo così tanto la bellezza dimenticandoci che le uniche cose belle a questo mondo sono quelle davvero uniche.

Utrecht, 02-04-2017

Alessio Vagaggini

Giovanni Sgaravatti

Riferimenti:

[1] The European Commission, Erasmus. Facts, figures and trends, 2014, p. 35.

[2] Niccolò Macchiavelli, Il Principe, Edizioni Feltrinelli, 2013.

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