Il Nüshu: la voce silenziosa delle donne

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Giulia Falcini

Giulia Falcini

un estratto della diretta con Giulia andata in onda il 2 maggio sulla nostra pagina facebook.

“Ogni volta che salgo sull’autobus che da Guilin conduce a Jiangyong, guardo fuori dal finestrino e penso alla potenza del yuánfèn 缘分 (un concetto della religione popolare che incarna la “coincidenza fatidica”) che mi ha portata a sentirmi a casa in un luogo così remoto e inesplorato”. 

Giulia Falcini, autrice del libro “Il Nüshu. La scrittura che diede voce alle donne”, CSA Editrice

Così è iniziato il mio viaggio “fisico” alla scoperta di quell’angolo del mondo che, senza saperlo, rappresentava proprio quel pezzo del puzzle che cercavo da tempo. Jiangyong, e in particolare il villaggio di Puwei, hanno rappresentato un incastro perfetto tra il mio amore per la Cina, per il popolo cinese e per la sua millenaria cultura: la sublimazione di ideali che per anni ho ammirato, ma che raramente ho trovato racchiusi in un unico posto. 

Il mio viaggio “spirituale” è nato invece in un’aula di università, quel luogo che spesso consideriamo solo contenitore di nozioni astratte, quella stanza da cui non vediamo l’ora di evadere per dare concretezza alle parole dei manuali. Grazie ai racconti colmi di passione di chi ci narrava la Cina, è proprio all’interno di quelle classi che io ho avuto invece la grande fortuna di poter iniziare a viaggiare con la mente e di innamorarmi di un Paese prima ancora di vederlo dal vivo. Ed è proprio tra quelle mura che sentii parlare per la prima volta del nüshu 女书, e la mia mente decise subito che avrei dovuto approfondirlo, conoscerlo, appassionarmene. E così è stato. 

“Il nüshu: la scrittura che diede voce alle donne” è stata un’altra grande avventura, che mi ha permesso, a ritroso, di riflettere su tanti dettagli delle mie esperienze, di approfondire i particolari di questo splendido fenomeno culturale e di prendere coscienza della bellezza di tanti luoghi e di tante persone. L’idea di questo libro è nata circa due anni fa, quando nell’estate 2018 mi ritrovai a parlare di nüshu con la Prof.ssa Zhao Liming, all’interno del suo studio presso l’Università Tsinghua di Pechino: pensai subito che quei meravigliosi racconti non potevano restare solo per me. 

COS’È DUNQUE IL NÜSHU?

Nüshu significa letteralmente “scrittura delle donne”. La sua pronuncia si basa sul dialetto locale, ovvero quello dei villaggi situati intorno alla contea di Jiangyong, nella provincia dello Hunan, nella Cina meridionale. I caratteri femminili sono circa 396, ad ognuno dei quali corrisponde una sillaba del dialetto. A differenza del cinese dunque, questi ideogrammi trascrivono suoni, non significati e ad ognuno di essi ne corrispondono diversi di quelli cinesi “tradizionali”. Da qui l’importanza del contesto per comprenderne il significato. È difficile stabilire una data precisa per la creazione del nüshu che con molta probabilità avvenne intorno al 1700, ma tale questione è oggetto di continui dibattiti tra gli studiosi. La scrittura femminile nacque sicuramente in risposta alla società patriarcale dell’epoca, che poneva inevitabilmente le donne in una condizione di sottomissione. Un aspetto fondamentale che ha portato alla nascita di questa lingua è il fatto che le ragazze non potessero frequentare la scuola: per rimanere in contatto tra di loro, soprattutto una volta sposatesi, si inventarono dunque un loro modo per comunicare. Il nüshu rappresentò anche un modo per evadere dall’opprimente quotidianità, un mondo parallelo nel quale le donne si rifugiavano, dove sapevano di poter trovare comprensione e dove potevano sfogare il proprio dolore. Non è un caso che, secondo la leggenda, il nüshu venne creato da una ragazza del villaggio di Jingtian che venne scelta come concubina dell’imperatore. La donna non venne ben accolta in corte e la solitudine e la nostalgia per i suoi cari, la portarono a creare una nuova scrittura, differente da quella degli uomini, per dar sfogo ai propri pensieri e farli arrivare ai familiari.  

Quando si pensa al nüshu, è inevitabile parlare di “lingua delle donne e per le donne” perché è proprio da loro che è stata concepita e messa al mondo. È importante però sottolineare che quella femminile, non fu mai una scrittura segreta, anzi, furono semplicemente gli uomini a non interessarsene mai, in quanto creata da quella parte di società considerata incapace di produrre qualcosa di apprezzabile. 

In effetti, se si considerano i luoghi molto piccoli nei quali la cultura nüshu è nata, ha vissuto e continua ad essere tramandata, è impensabile che la parte maschile della società non si fosse mai accorta di quei caratteri romboidali che ricoprivano i tanti oggetti realizzati dalle signore; ed era impossibile che non avessero mai colto le melodie che riecheggiavano nei villaggi. Gli avvenimenti storici e sociali hanno portato ad un grande cambiamento rispetto alla reputazione attribuita alla scrittura femminile: gli uomini hanno iniziato ad interessarsi al nüshu, in contea ne parlano orgogliosi come di un simbolo che caratterizza la loro città e molti di loro sono direttamente impegnati nella promozione di questo fenomeno. E non è un caso che oggi, nei villaggi, non appena le donne cantano, tutti si fermano, compresi gli uomini; e non per dovere o per riverenza, ma perché realmente catturati da questi suoni allo stesso tempo luminosi e struggenti. 

E sono proprio i canti a fungere da vettori dei sentimenti femminili più intimi, profondi e confidenziali, trattando ogni tipo di tema, dai raccolti, alle festività, ai momenti felici, fino a quelli più sconfortanti.

LE PERSONE: SOFFIO VITALE DELLE TRADIZIONI

“I luoghi del Nüshu mi hanno insegnato che si può essere ricchi anche senza acqua corrente in casa e che l’umiltà e il buon cuore sono alla base di ogni grande persona.”

Nonostante i caratteri rappresentino l’aspetto più affascinante di questa cultura, è solo visitando e vivendo i villaggi che orbitano intorno a Jiangyong che ci si può rendere conto di una grande verità: il nüshu non è una lingua, ma un fenomeno culturale. La sua esistenza infatti, è strettamente collegata a quella delle tradizioni locali, delle festività popolari e, soprattutto, delle persone.

Nel mio libro compaiono molti personaggi che hanno vissuto e tramandato il nüshu: Chen Xinfeng e Hu Yanyu sono sicuramente tra i nomi che il lettore non potrà dimenticare. La grande accoglienza che ogni volta mi riservano nella loro abitazione del villaggio di Puwei, mi ha permesso di entrare nel vivo della loro cultura a 360 gradi, di percepire come viene vissuta al giorno d’oggi, di ascoltare tanti racconti, di registrare i colori, i suoni e i gesti di quella che non è

solo una lingua, ma molto, molto di più. Le due -madre e figlia- conservano i tratti tipici delle donne che oltre tre secoli fa ebbero la forza di creare un mondo parallelo a quello che le stava annientando. Difficile esprimere a parole la bontà che le caratterizza, ma è la loro complicità quella che maggiormente colpisce chiunque le osservi mentre intonano i brani nüshu. 
Una volta un’amica mi disse che “nasciamo in un posto, ma poi abbiamo luoghi del cuore dove sappiamo che possiamo tornare sempre”. Io credo di aver trovato il mio, quello che mi manca ogni volta che non sono lì.

Giulia Falcini

Qui di seguito il link al libro. “Il Nüshu. La scrittura che diede voce alle donne”, Giulia Falcini, CSA Editrice: http://www.csaeditrice.it/index.php?option=com_virtuemart&view=productdetails&virtuemart_product_id=404&virtuemart_category_id=1&lang=it

Per vedere la registrazione della diretta invece, clicca sul link:

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