Le transizioni gemelle (verde e digitale) avranno un forte impatto sul mondo. Il cambiamento sarà positivo per tutti? Ci sono rischi? Quali?
Un esempio dal recente passato
La liberalizzazione del commercio degli ultimi 30 anni ha impoverito intere fette di popolazione nei paesi avanzati. Mentre ci si continuava a ripetere di quanto giusto fosse abbassare dazi e barriere doganali per aprirsi al mondo intero, si è sottovalutato l’impatto che questo avrebbe avuto sui diretti interessati. Autorn, Dorn e Hanson – per esempio – hanno analizzato i programmi di aiuto governativi nelle aree degli Stati Uniti più colpite dal commercio con la Cina. Il loro studio indica che anche se le persone nelle zone affette hanno ricevuto dei sussidi, questi non sono stati sufficienti a coprire la perdita di reddito. Gli autori stimano una perdita annua per ogni adulto di $549, contro sussidi governativi di appena $58[1][2]. Inoltre, è chiaro come degli aiuti puramente economici non possano realmente sopperire alle difficoltà umane e psicologiche causate dalla perdita del lavoro, specialmente in età avanzata.
Un discorso diverso è da farsi per i paesi in via di sviluppo, molti dei quali hanno ampiamente beneficiato della globalizzazione. Paesi come Messico, Cina, Colombia, india e Argentina si sono arricchiti moltissimo negli ultimi trent’anni. Nonostante la porzione di popolazione in stato di estrema povertà di questi paesi sia diminuita, le disuguaglianze sono invece cresciute, ad indicare che questa nuova ricchezza non è stata distribuita in maniera omogenea. Alcuni economisti (tra cui i due neo premi Nobel Banerjee e Duflo) sospettano esserci un nesso causale tra la crescita delle disuguaglianze in questi paesi e le relative politiche di liberalizzazione del commercio[3][4].
I dazi doganali non possono però essere la soluzione: la maggior parte delle catene di produzione al giorno d’oggi sono internazionali, introdurre dazi ha ripercussioni sul costo dei materiali utilizzati dalle aziende. E d’altro canto, cercare di imporre a livello governativo un’ agenda di sviluppo industriale basata su canoni vecchi ha un effetto negativo su produttività e prodotto interno lordo. Infine, dove sono state imposte nuove tariffe si è verificato un aumento dei prezzi anche di quei beni che vengono importati finiti, con un conseguente impatto negativo sul potere d’acquisto dei cittadini[5].
Il commercio internazionale ha aiutato la crescita globale, contribuendo ad un aumento del tenore di vita di molti cittadini nei paesi in via di sviluppo e incrementando il potere di acquisto di quelli nei paesi avanzati (specialmente nei paesi piccoli). Non si possono però trascurare le sofferenze di chi ha risentito in prima persona della transizione da certi tipi di attività economica (come la lavorazione dell’acciaio o di fibre tessili) ad altri (per esempio la consulenza aziendale e quella finanziaria). Ignorare il dramma di queste sacche di popolazione – spesso raggruppate nelle aree dei vecchi poli produttivi – secondo molti è stata la vera causa dietro la radicalizzazione dell’elettorato che ha portato a fenomeni come Trump e la Brexit.
Imparare dai propri errori
Oggi è importante non fare lo stesso errore con i pacchetti di rilancio dell’economia nei paesi avanzati. E’ fondamentale metterli in atto, così come trent’anni fa era giusto aprirsi al commercio. Questa volta però bisogna assicurarsi di non lasciare indietro nessuno, o il malcontento non potrà che aumentare. Ecco perché diviene importante pensare in questi termini alle transizioni gemelle – verde e digitale – promosse dalla Commissione UE. Questi cambiamenti sono già in atto e saranno accelerati dai €750 miliardi di Next Generation EU. Come tutte le rivoluzioni anche questa comporterà cambiamenti epocali che inevitabilmente avranno vinti e vincitori.
Qui di seguito riporto una traduzione – con qualche aggiunta – di pagina 6 del report dello European Policy Centre “National Recovery and Resilience Plans: Empowering the green and digital transitions?”, scritto da Marta Pilati e che potete trovare qui.
Nonostante ci sia un obiettivo comune per queste trasformazioni – raggiungere una società sostenibile e inclusiva – la portata del cambiamento richiesto non è la stessa per tutte le persone coinvolte. Per avere successo, le transizioni sostenibili e digitali richiedono adattamenti nei processi produttivi, nella pubblica amministrazione e servizi, l’istruzione, il mercato del lavoro, la base di competenze, il mix energetico e delle infrastrutture, e altro ancora. C’è una grande eterogeneità in tutta l’UE per quanto riguarda questi settori, il che implica che la trasformazione verso gli obiettivi comuni richiede sforzi diversi e su misura.
Da una prospettiva geografica, le regioni dell’UE che sono meno sviluppate e/o sottoperformanti economicamente sono anche meno attrezzate per impegnarsi con successo nelle due transizioni. Un recente studio dell’European Policy Centre [5] sottolinea i seguenti punti:
– Mentre ci si aspetta che le transizioni gemelle creino nuovi posti di lavoro, sorge un problema se i posti di lavoro creati e persi non si trovano nella stessa area e non appartengono agli stessi lavoratori. Questo è il caso per le regioni il cui mercato del lavoro è fortemente dipendente da industrie ad alta intensità energetica (per esempio l’estrazione e il trattamento di combustibili fossili). E’ fondamentale non commettere lo stesso errore del passato – ipotizzando una grande mobilità della forza lavoro – mentre sarà fondamentale investire in una riorganizzazione e riqualificazione delle persone colpite, così da evitare nuova disoccupazione localizzata. In questa cornice rientra lo strumento React EU[6].
– Tutti i settori economici richiederanno più (e nuovi) profili di lavoro qualificati con maggiore intensità di conoscenza e tecnologia. Le aree in cui la base di competenze è meno avanzata, e/o c’è meno capacità di sostenere la formazione sul lavoro, avranno meno successo nel portare a termine le transizioni rapidamente. Questo potrebbe avere effetti negativi sulla loro competitività e prosperità a lungo termine.
– Per usufruire dei benefici della transizione digitale e del miglioramento della connettività, l’infrastruttura rimane cruciale. Il “divario digitale” tra le regioni dell’UE è preoccupante, poiché la mancanza di un’adeguata infrastruttura digitale può escludere intere aree da attività ad alto valore aggiunto. Inoltre questo coinvolgerebbe le aziende già presenti sul territorio, che potrebbero trasferirsi altrove e quindi portare al declino economico. Allo stesso modo, i cittadini di alcune aree potrebbero vedersi esclusi dall’utilizzo dei servizi pubblici digitali. Per questo la Commissione ha chiesto di mettere l’infrastruttura digitale al centro dei piani di ripresa e resilienza.

Alcuni potenziali effetti sociali delle transizioni gemelle degni di nota sono elencati di seguito.
– L’impatto del cambiamento tecnologico sul mercato del lavoro. Per esempio, sono emerse nuove forme di lavoro legate direttamente alla digitalizzazione, in particolare il lavoro su piattaforma. I sistemi di protezione sociale non sono sempre in grado di adattarsi a questi sviluppi del lavoro, con conseguenti lacune nella protezione.[7]
– Il rischio occupazionale dell’automazione. Un lavoro a basso reddito su cinque è a rischio di automazione. Questo diventa uno su sei per i lavori a medio reddito e solo uno su dieci per i lavori ad alto reddito.[8] L’interruzione del lavoro causata dall’automazione rappresenta una preoccupazione reale di maggiore disuguaglianza e nuova instabilità.
– La relazione simbiotica tra esclusione sociale ed esclusione digitale. I gruppi vulnerabili e socialmente esclusi usano internet e gli strumenti tecnologici meno del resto della popolazione, perché tendono ad avere meno competenze e accesso al digitale. Questa esclusione digitale impedisce anche di cogliere i benefici delle nuove tecnologie, portando, per esempio, a scarsi risultati scolastici. Questo potrebbe esacerbare ulteriormente la loro esclusione sociale.[9]
– La vulnerabilità dei gruppi a basso reddito all’aumento dei prezzi. Se la transizione ecologica porta a un aumento dei prezzi dell’energia o della mobilità prezzi dell’energia o della mobilità, questo sarà problematico per i gruppi a basso reddito (almeno nel breve periodo) e colpirà i poveri in modo sproporzionato.[10]
– La dimensione di genere della transizione digitale. Come le competenze e occupazioni STEM (cioè scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche, matematiche) diventano più importanti e richieste nel mercato del lavoro, c’è il rischio che le donne siano lasciate fuori dai guadagni e che il divario di genere aumenti, in quanto esse tendono ad essere meno presenti in questi settori.
Sottolineare questi rischi di disuguaglianza non significa assolutamente sminuire la necessità delle transizioni gemelle. Piuttosto, è per assicurarsi che le transizioni abbiano successo e siano eque. Le transizioni possono portare ad un’economia digitale e sostenibile e una società più coesa, a patto che i loro benefici raggiungano i più vulnerabili. Per esempio, la digitalizzazione e il telelavoro possono portare posti di lavoro e attività economiche in aree dove non è fisicamente fattibile. Accelerare le trasformazioni strutturali senza una strategia per prevenire effetti distorsivi e che controbilanci i costi condanna lo sforzo al fallimento. Si riconosce sempre più che la coesione sociale e territoriale dell’Europa deve essere protetta.
Referimenti
[1] Abhijit V. Banerjee & Esther Duflo (2019), Chapter 3, “Good Economics for Hard Times”.
[2] Autorn, Dorn, Hanson, American Economic Review (2013) “The China Syndrome: Local Labor Market Effects of Import Competition in the United States”
[3]Autorn, Dorn, Hanson, American Economic Review (2013) “The China Syndrome: Local Labor Market Effects of Import Competition in the United States”
[4] Goldberg, Pavcnik (2007), Distributional Effects of Globalization in Developing Countries, American Economic Association
[5] John K. Ferraro and Eva Van Leemput (2019) Long-Run Effects on Chinese GDP from U.S.-China Tariff Hikes, Federal Reserve
[6] Pilati, Marta and Alison Hunter (2020), EU lagging regions: state of play and future challenges“, Brussels: European Parliament.
[7] La quota del react eu dovrebbe essere diretta proprio a contenere squilibri territoriali e a supportare le aree più in difficoltà. REACT-EU – Regional Policy – European Commission
[8] OECD (2019), “Under Pressure: The Squeezed Middle Class”, Paris: OECD Publishing.
[9] Martin, Chris et al. (2016), “The role of digital exclusion in social exclusion”, CarnegieUK Trust.
[10] López Piqueres, Sofia and Sara Viitanen (2020), “On the road to sustainable mobility: How to ensure a just transition?”, Brussels: European Policy Centre.