La meritocrazia è giusta?

Il termine meritocrazia è stato concepito nel 1958 per descrivere una distopia negativa, ma con il tempo la sua percezione si è spostata verso una connotazione più positiva. Tuttavia, oggi la questione sembra si sia offuscata. 60 anni dopo, stiamo davvero vivendo in una distopia?

Ci sono due scuole di pensiero riguardo l’origine della parola ‘meritocrazia’. Nella società occidentale, si crede che il concetto sia apparso per la prima volta nel 1958[1]. Nel suo libro, “The Rise of Meritocracy” (L’Ascesa della Meritocrazia), il sociologo britannico Michael Young concepì un mondo distopico in cui un’élite avrebbe prosperato sul merito. Eppure molti accademici come Bell, Poocharoen e Brillantes o anche Babcock e Frevogel descrivono la meritocrazia come originaria dell’Asia, mentre Hobson attribuisce lo sviluppo del concetto di merito alla Cina e la sua diffusione ai testi confuciani portati in Occidente[2].

In questo articolo, la meritocrazia verrà analizzata nel contesto della società occidentale. In realtà, il punto di vista di Young era sia condanna che satira della classe dirigente del tempo. La sua opera era più orientata verso una connotazione negativa della meritocrazia in sé e, di conseguenza, vero una deteriorazione negativa di questa nuova élite, dove le sue fondamenta basate su titoli d’istruzione formali avrebbero di fatto creato una “oligarchia meritocratica” molto esclusiva: i meritocratici avrebbero passato del tempo con altri meritocratici che, infine, avrebbero avuto lo stesso background socioeconomico. Questo li avrebbe portati alla reiterazione di un’élite basata su stirpe, negando l’accesso a coloro che provenissero da background diversi. L’idea di Young era una tirannia di intellettuali che avrebbe governato il mondo un secolo dopo l’uscita del suo libro. Essendo un socialista, disapprovava l’uguaglianza di opportunità, rappresentandola come apparentemente giusta, eppure basata su enormi ineguaglianze create dal capitalismo.[3] L’intento, esattamente come in 1984 di George Orwell, era di immaginare uno scenario improbabile. Tuttavia, più di 60 anni dopo, stiamo vivendo qualcosa di non così lontano da esso. Oggi questa oligarchia si è diffusa, ma l’immaginazione di Young ha davvero superato la realtà? Cominciamo dalle basi: che cos’è la meritocrazia?

Il Cambridge English Dictionary definisce la meritocrazia come un ‘sistema sociale, società o organizzazione in cui le persone ottengono successo o potere grazie alle proprie abilità, non per la loro ricchezza economica o posizione sociale’[4]. Perciò, è un concetto contemporaneo che descrive un processo di selezione di persone in un certo ambiente. La meritocrazia si basa sul merito che, secondo la società odierna, solitamente si basa sui risultati e le capacità dimostrati e valutati da punti, test, QI, esami, requisiti d’ammissione, eccetera. Se potere e influenza una volta venivano tramandati per legami di sangue – e, dunque, arbitrariamente – durante gli ultimi 60 anni, la meritocrazia ha progressivamente aperto una porta e mostrato la vita per una successione più inclusiva, partecipativa e manovrabile. O almeno questa era l’idea di correttezza che si era sviluppata con il tempo. Questa dinamica contemporanea introdotta da Young sembrava che si stesse inevitabilmente spostando verso un’idea di successo e potere più inclusiva e raggiungibile, ma possiamo davvero dire che la situazione è diventata più giusta? In realtà, la meritocrazia sembra aver fatto ‘un’inversione a U’ e aver portato ad un tipo di leadership che esclude chiunque non riesca a fare salti mortali per avere un certo tipo di educazione, creando una nuova forma di discriminazione[5]. Quindi magari, dopotutto, Young aveva ragione. Ma com’è successo?

Esattamente come con altri tipi di élite, la chiave di questa è la riproduzione. Se osserviamo da vicino, possiamo notare come membri di questa élite non tramandano più il loro ‘titolo’ ai loro bambini come accadeva un tempo, ma tramandano piuttosto i loro benefit, le loro conoscenze, la loro reputazione e, ultimo ma non per importanza, i loro soldi. Per esempio, proprio come Young immaginò, le persone che frequentano università private incontrano altre persone che frequentano università private, si innamorano e hanno dei figli che andranno a frequentare università private, solo per incontrare – avete indovinato – altre persone che frequentano università private e con cui continuare la linea di oligarchia meritocratica. Secondo le parole di Young: ‘L’élite è sulla strada per diventare ereditaria; i principi di eredità e merito si stanno fondendo’. Questo schema ha portato alla creazione di una rete di supponenza e oggi, in un mercato lavorativo così precario – specialmente dovuto alla pandemia – il nome dell’università che un candidato frequenta sembra contare molto più dei suoi risultati effettivi, capacità ed esperienza – elementi che, paradossalmente, la meritocrazia sembrava voler valorizzare durante la sua evoluzione negli anni. Come affermato da Richard J. Herrstein and Charles Murray[6], l’accesso all’istruzione universitaria è diventato più competitivo e l’economia ha cominciato a basarsi più sulle conoscenze: Quello di cui la società avrebbe bisogno è una riforma d’istruzione per colmare il divario tra bambini ricchi e bambini poveri.

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Giusto per fare un esempio: Secondo Daniel Markovits – professore di diritto a Yale – oggi negli Stati Uniti il divario tra studenti poveri e studenti ricchi in accademia è maggiore del divario che esisteva nel 1954 tra studenti bianchi e studenti neri[7]. Considerando il fatto che in quell’anno la segregazione nelle scuole fu dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, l’ineguaglianza economica oggi produce più ineguaglianza educativa di quanto l’apartheid americano fece un tempo[8]. Questo dovrebbe essere percepito come un campanello d’allarme: La meritocrazia sembra aver perso la strada. Come si può risolvere tutto questo? Probabilmente, come afferma il figlio stesso di Young[9], la soluzione sarebbe più meritocrazia: da un lato riformare l’istruzione per ridistribuire la ricchezza nella società, dall’altro non dare pari opportunità a ogni bambino, quanto piuttosto dar forma a opportunità basate sulle capacità dei bambini, per fare in modo che diventino adulti coscienti di aver davvero conquistato il loro successo sul loro merito, senza essere semplicemente nati con esso.

Molti membri di questa oligarchia riconoscono la propria istruzione e la propria supponenza con orgoglio e vanto, quando la verità è che – non sempre, ma nella maggior parte dei casi – in realtà le hanno semplicemente “ereditate”. L’idea principale che si era sviluppata insieme alla meritocrazia era il concetto di cambiamento: il fatto di essere nati in un certo contest ma l’opportunità di spostarsi e crescere in un altro lavorando sodo e ottenendo risultati. Questo è stato il caso per molte famiglie con un background difficile, dove nonni e genitori hanno sacrificato tutto perché i loro bambini potessero avere il futuro, le ambizioni e le possibilità che loro non avrebbero potuto nemmeno immaginare. Nonostante tutto ciò, questo succede meno spesso di quanto ci possiamo aspettare. La meritocrazia per come esiste attualmente non è giusta. E’ essenziale rompere lo schema di esclusione e discriminazione indiretta riconoscendo fino a che punto i risultati raggiunti si trattano di talento o di background privilegiato. In fin dei conti, il vero problema è come definire il merito; come NON vederlo come qualcosa che può essere “consegnato” quanto piuttosto qualcosa che deve essere guadagnato e valorizzato, a prescindere dalle circostanze e dalle condizioni in cui si cresce; e come misurarlo. Ad ogni modo, è quindi possibile adottare un’unità di misura oggettiva? Questo ci riporta, ancora una volta, al sistema d’istruzione e a come questa società valuta i risultati degli studenti a scuola. I punti, i test, il QI, gli esami, i requisiti di ammissione – e così via – sono davvero il modo ideale per definire una persona come meritevole o no? Forse non dovremmo chiederci che cosa è successo alla meritocrazia o se sia giusta o meno, quanto invece in che cosa l’abbiamo trasformata? Come è riuscito Young a predire tutto questo? Forse il problema alla radice è il sistema educativo in generale e il fatto che i voti non sono il modo migliore di far imparare alle persone. Soltanto una volta che avremo superato questo metodo, le scuole e le università saranno in grado di dar forma a risultati, obiettivi e merito in modo appropriato, e allora la meritocrazia diventerà veramente giusta.

Paula Panettieri

Riferimenti

[1] https://www.etymonline.com/word/meritocracy

[2] https://www.economics-sociology.eu/files/ES_10_1_Kim_Choi.pdf

[3] https://quadrant.org.au/magazine/2015/09/fall-meritocracy/

[4] https://dictionary.cambridge.org/dictionary/english/meritocracy

[5] https://www.nytimes.com/2015/02/08/education/edlife/lani-guinier-redefines-diversity-re-evaluates-merit.html

[6] “The Bell Curve: Intelligence and Class Structure in American Life” (1994)

[7] https://mondediplo.com/2020/08/03meritocracy#nb16

[8]https://www.newstatesman.com/the-meritocracy-trap-daniel-markovits-review

[9] https://quadrant.org.au/magazine/2015/09/fall-meritocracy/

pic on the cover: Photo by Lindsay Henwood on Unsplash 

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