Il tacito prezzo del formarsi per un migrante adolescente

 

Oggigiorno l’immigrazione è un tema che riempie pagine e pagine di qualsiasi giornale in tutto il mondo e d’altronde non è in alcun modo nè un tema facile da affrontare nè uno che possa passare inosservato. Gli immigranti illegali sono l’oggetto principale dell’attenzione dei media, come ovvio che sia, a causa delle condizioni inumane a cui sono soggetti, la crisi umanitaria in Africa e le guerre nel Medio Oriente si contendono invece il secondo posto.

Nonostante ciò, nessuno si sofferma invece su coloro che sono immigrati ma non illegali, semplicemente immigrati. Quelle persone che hanno preso la decisione di abbandonare il loro paese d’origine, non per guerre o per questioni di vita o di morte ma semplicemente per il desiderio di una vita migliore per sè e/o per i propri figli.

C’è un gruppo di migranti che non sono nemmeno coscienti della loro condizione di migranti. come per esempio i bambini minori di dieci anni. Cambiare paese è stressante per chiunque, ma quando sei bambino non sei cosciente di ciò che significa trasferirsi, non pensi alla ricerca di una casa in buone condizioni e con un prezzo accettabile. Non sei cosciente dei prezzi dei prodotti e del cibo o di quanto ti possa venire a costare la doccia che ti fai ogni giorno, e nemmeno ti poni il problema delle tasse da pagare. Alla fine, quando si tratta di affrontare cambi così radicali nella vita, più giovane sei, meglio è.

Quando sei adulto, o hai almeno diciotto/diciannove anni, senza dubbio hai tantissime cose da imparare ma sei già cosciente delle cose che ti richiede la vita. Sai che avere un telefono non è un lusso, ma una necessità che si deve pagare, sai che il cibo che dimentichi di rimettere nel frigo lo dovrai buttare e con esso il denaro che hai pagato per comprarlo. Come persona adulta del “primo” mondo, sei stato attorniato di molti lussi che, a lungo andare, ti rendi conto che tuttavia non sono gratuiti, che nulla è gratis. Pertanto, come adulto, sei già preparato ad affrontare queste turbolenze della vita.

Però: che succede quando invece non sei nè bambino nè adulto ma sei nella tua prima adolescenza e uno dei tuoi genitori decide di portarti all’altro lato dell’Europa? Ho una madre eccezionale, che ha lavorato duro per ottenere tutto ciò che ha nella sua vita e nella mia, ma quella volta ha preso una decisione per me che a volte ancora rimpiango e mi ritrovo a desiderare che non l’avesse mai presa.

Quando una bambina di tredici anni si sposta in un paese di cui non parla la lingua, lascia alle spalle tutti i suoi amici, tutta la sua famiglia e, pertanto, tutti i suoi sogni. Quando ti sposti, cambi. Da un giorno all’altro ti vedi circondata da persone che ti guardano come fossi un batterio sotto la lente di un microscopio. Sei ancora giovane comunque, e la tua responsabilità è quella di andare a scuola e sforzarti per ottenere buoni voti, ma come puoi farlo quando i tuoi compagni di classe non vogliono nemmeno sedersi accanto a te? I professori ti guardano con un sorriso pietoso e, se ne hai la fortuna, alcuni di tanto in tanto si fermano al termine della lezione e provano a spiegarti quale punto del libro devi guardare e quale è il compito. Durante i primi mesi, nessuno sa cosa si deve aspettare da te, nè tu sai come affrontare le cose.

“Gli aranci sono ovunque qui, non li avevo mai visti”

La vita che hai lasciato dietro di te esiste solo nei tuoi ricordi, i tuoi vecchi amici hanno continuato con la loro vita, la tua famiglia sta facendo tutto il possibile per chiamarti tutti i fine settimana e tirarti su il morale, ma le loro voci portano con sè i ricordi di quando eri con loro e invece che sentirti sollevata ti ritrovi in lacrime perchè sai che questa parte di vita è terminata. Non ci saranno più grandi riunioni familiari, niente più trambusto per i regali di compleanno di ciascuno semplicemente perchè non puoi salire su un aereo ogni volta che qualcuno compie gli anni. Non ci saranno più serate calde seduti a tavola sotto alle vigne nel giardino in cui si ride tutti assieme… Il giorno dopo è di nuovo lunedì e la scuola ricomincia di nuovo. Ad alcuni compagni di classe ancora non piaci e non gliene potrebbe importare di meno il fatto che Natale si sta avvicinando e tu vuoi solo che un amico si avvicini a te per farti gli auguri e chiederti come passerai le vacanze.

I bambini sono creature sociali, non possono vivere isolati, e quando crescono in un contesto socialmente ricco e diventano adolescenti, interiorizzano il loro desiderio di appartenenza che include quello di far parte di una squadra per esempio o di un gruppo. Ma quando ti hanno tolto bruscamente dal tuo mondo e ti hanno spostato in un’altra realtà, hai bisogno di qualcosa in cui identificarti, hai bisogno di un’interazione umana di base e di amici. Perciò cominci a ridere delle loro battute, anche se ti fanno male, sorridi ogni volta che qualcuno ti dice che non ce la farai. Accetti il fatto che ricominciare da zero richieda un certo sacrificio anche da parte tua, che nulla è gratis e impari a prendere buoni voti a scuola, anche se questo vuol dire dormire solo cinque ore a notte.

Naturalmente, quando ti sposti nell’altro d’Europa, non solo cambia la lingua, ma pure la gente, i modi e la cultura. Cominci ad adattarti, modellandoti in uno stampo diverso dal tuo, però sei abbastanza giovane da poterlo fare. Giorno dopo giorno smetti di parlare la tua lingua madre un po’ di più e non la parli mai in pubblico perché altrimenti la gente saprebbe che non sei come loro e il modo in cui ti guardano te lo farebbe sapere. Mese dopo mese, lentamente cominci a muovere i tuoi passi un po’ più forte e a tenere la testa un poco più alta. Quando hai sedici anni già sei una persona completamente nuova, ti comporti come se avessi passato tutta la tua vita in questa nuova terra con queste persone diverse. Ti sei modellata per essere come tutti gli altri all’esterno, solo dentro di te, nel tuo cuore, tu sai la verità, che potrai passare tutta la vita in questo nuovo posto, ma non apparterrai mai a queste persone come ai tuoi amici del tuo luogo natio.

“i fiori d’arancio sono un po’ un simbolo della città”

A diciassette anni, cominci a renderti conto che cambiare te stessa solo per adattarti agli altri ti fa sentire povera perché hai lasciato la maggior parte delle cose che ti piacevano e ti comporti esattamente come le stesse persone che tanto disprezzavi. Ed è allora, quando cominci a pensare e domandarti: non è che essere un po’ diversi poi tanto un male non lo sia? A volte non avevi poi tutti questi motivi validi di modellarti e adattarti tutti quelli che ti stavano attorno, perché alla fine semplicemente non eri come loro (spoiler: tutti lo siamo, ma non te ne renderai conto che molto più avanti nella vita).

La maggior parte degli adolescenti non sono carini, non quando gli adulti non li vedono almeno, non quando è più importante. Gli anni dell’adolescenza sono quelli in cui ti formi e il contesto che ci forma non ci va sempre bene a tutti. Non è fatto perché tutti si adattino senza far sacrificare nulla, che sia importante per te o meno… comunque, questa è una decisione che solo tu puoi prendere, questo è il tacito prezzo che solo tu puoi decidere se pagare o no.

All’inizio, quando eri piccola, vivevi in una cultura con un sistema di valori, e poi ti sei ritrovata in un’altra, sconcertata e perplessa davanti al nuovo contesto, hai cominciato ad apprenderne i modi e i costumi finendo per acquisire nuove credenze.

Cresci e lasci indietro i tuoi amici dell’adolescenza, sei un’adulta ora secondo la società, le tue scelte devono essere responsabili e rispettose (non importa se il mondo che ti sta attorno, inclusa la politica e lo spettacolo ti mostrino l’opposto). Sei un’adulta ora, però, sai già davvero chi sei? Hai cambiato una volta, due.. dieci volte nell’arco degli anni e tutto ciò che sai è solo da dove vieni e dove sei in questo momento. Sai solo che ogni cambiamento ha il suo costo che non è indicato da nessuna parte, di nuovo, nulla è gratis.

“come la mia classe”

Continui perciò con la tua vita, continui sempre, ottieni un lavoro e diventi un professore, un giorno arrivi in classe e vedi tutti questi esseri umani giovani lì. Tu sei uno di quelli fortunati, ci sono altri adolescenti immigrati che hai conosciuto durante gli anni, di cui però la maggior parte è caduta nelle pieghe della vita, alcuni si sono sposati senza terminare gli studi, altri sono finiti in carcere… Tu sei uno di quelli fortunati che tutte le mattine bevi il tuo te nel tuo piccolo balcone del tuo appartamento, guardi il cielo azzurro e respiri profondamente. Non mandi nessuna preghiera a chissà quale divinità sconosciuta, solo respiri a fondo, ringraziando in silenzio la tua buona stella.

Esci dalla porta e cammini per strada, hai messo da parte i tuoi pensieri, ti concentri semplicemente nel mettere un passo dietro l’altro finchè ti ritrovi nell’aula della tua classe e vedi i tuoi studenti che parlano animosamente e ridono tra loro, finchè passano i primi dieci minuti di lezione e entra uno studente. Uno studente vestito in modo diverso, con lineamenti facciali diversi, con un nome strano e… e uno sguardo negli occhi, uno sguardo che riconosceresti ovunque… uno sguardo che anche tu avevi una volta, ansioso e agitato, probabilmente pregando che un terremoto se li ingoi in quello stesso momento. Lo sguardo di un adolescente immigrato il cui viaggio è appena cominciato.

Evelina Tancheva

2019: c’è ancora la schiavitù in Libia – chi offre di più?

“Settecento dollari!” e poi “Cinquecento!”, “Seicento!”, “Seicentocinquanta!”

La voce stanca del cinico banditore d’asta risuona tra le pareti mal costruite. Una alla volta, le figure emaciate che una volta erano esseri umani, sono trascinate di fronte al pubblico. Sono albadayie – mercanzia – ormai. E se guardi in giù, verso la tua paletta, ti rendi conto di essere tentato a comprare.

Benvenuti nella giungla. Benvenuti nell’anfiteatro della morale perduta. Per un momento, qui non c’è altro che un caos organizzato mentre la stanza prende vita.

Ragazzi forti, braccia utili per lavorare i campi sono l’oggetto della vendita. Il martelletto colpisce il tavolo ai settecento dollari. In un minuto la transazione è completata: congratulazioni, hai appena comprato il tuo quinto schiavo.

Questa è una scena accaduta realmente due anni fa, quando una reporter della CNN, Nima Elbagir, dimostrò in un video diffuso poi in tutto il mondo come si possa dare un prezzo alla vita umana. In un piccolo villaggio vicino a Tripoli, ha chiesto di poter parlare con l’albadyie – un ragazzo che era appena stato comprato – ricevendo per tutta risposta un perentorio “no”.

Nonostante in Libia la schiavitù sia stata abolita in tutte le sue forme nell’ormai lontano 1853, questi avvenimenti accadono tuttora senza alcuna opposizione, ancora più alla luce del sole da quando è caduto Muammar Gheddafi nel 2011.

L’articolo 4 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, firmato globalmente nel 1948, pone ufficialmente la parola fine alla schiavitù in tutto il mondo, dichiarando che “nessun uomo sarà sottomesso in schiavitù o in stato di servo; la schiavitù e la tratta di schiavi saranno proibite in tutte le loro forme”. Ciononostante, settant’anni dopo, non tutta l’umanità lo ha accettato e in alcuni paesi le condizioni rimangono immutate, tali e quali a quelle dell’epoca della tratta degli schiavi con l’America.

In maniera allarmante, negli ultimi anni, la spinta per la giustizia sociale e per la difesa dei diritti umani di base sta venendo meno. Nel caso del Sudan, il governo sta tentando di insabbiare il dibattito sul tema argomentando che la schiavitù non sarebbe altro che uno sfortunato e imprevedibile effetto collaterale della guerra tra tribù, rinviando così il suo dovere morale. Nello stesso verso va il Codice Penale del Sudan del 1991 che non classifica nemmeno la tratta di schiavi come pratica criminale. Di conseguenza c’è oggigiorno un numero sconosciuto di albadyie, persone che vivono ancora in cattività.

Ciò ci dice un fatto indiscutibile: che il commercio di schiavi ancora esiste nella maggior parte delle regioni africane. L’indice globale della schiavitù stima che nel 2018 ci siano 40.3 milioni di schiavi moderni (2). Tanto per dare un’idea, visto che il numero in sé e la statistica non possono farlo e quindi non rendono facilmente giustizia al problema in questione, l’intera popolazione di un paese come l’Iraq è di 39,3 milioni di persone…

Dal 1981 la Mauritania ha proibito la schiavitù legalmente, ma senza nessuna applicazione reale, cosicché oggi il numero stimato di persone che vivono in moderna schiavitù ammonta a 90.000 (4).

Allo stesso modo, nella penisola del Sinai, ci sono più di 50 gruppi di trafficanti di esseri umani che operano incontrollati. È per questo che non ci sorprende poi tanto il fatto che questa regione sia considerata una roccaforte di Al-Qaeda e beduini.

Qual è dunque il prezzo della libertà? Sapresti rispondere se ti chiedessero qual è il prezzo della tua libertà?

Per te e per me, che non siamo uomini forti e adatti al lavoro, otterremmo molto meno di settecento dollari.

Settecentotrenta giorni dopo quel video, il numero di persone che vive in condizioni di schiavitù moderna rimane ancora molto alto, nel caso della Libia si stima ce ne siano attorno alle 48.000 (5).

Nel XXI secolo, l’ingenuità e l’ignoranza dei fatti non sono più una difesa giustificabile, non si può più far finta di non sapere, la responsabilità perciò ricade tanto negli attori quanto negli spettatori.

La schiavitù non è un problema di libri di testo con foto e disegni in bianco e nero, non riguarda il passato, sta avvenendo ora.

Sceglierai il comodo silenzio?

Evelina Tancheva

1 https://www.youtube.com/watch?v=cVdFr3nwAco

2 https://www.globalslaveryindex.org/news/new-data-reveals-widespreadfailure-by-governments-in-tackling-modern-slavery/

3 https://www.worldometers.info/world-population/population-by-country/

4 https://www.globalslaveryindex.org/2018/data/maps/#prevalence

5 https://www.globalslaveryindex.org/2018/data/maps/#prevalence

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