La Patria di Itzurza – le donne del romanzo di Alessio Vagaggini

La Patria di Itzurza è il primo romanzo di Alessio Vagaggini, uscito nel 2021 per Chance Edizioni.

La Storia, le storie e le donne: la prima ha da sempre una voce potente e autorevole, le seconde spesso occupano qualche breve trafiletto nel grande libro degli eventi, le terze è quasi certo che vengano perse negli spazi bianchi tra le parole. Ma questo non è il grande libro degli eventi, qui parliamo di un romanzo. E i tre elementi si intrecciano, stretti, in quattro nomi: Itzurza, Maria, Elena, Clara. Donne apparentemente diversissime tra loro alle prese con se stesse, con la propria identità e con una Spagna sospesa tra la modernità e lo spettro del Franchismo che, ancora vivo e vegeto, permea l’intera società. 

La prima parola del titolo “Patria” identifica già l’importanza dei luoghi. Sorvolando per un attimo sulla natura più astratta e intima del termine, ti chiediamo: perché proprio la Spagna?

Ho sempre pensato che la Spagna fosse un paese perfetto per l’ambientazione di un romanzo perché ha una forte connotazione culturale ma è anche caratterizzato da una serie di conflitti irrisolti, dalle questioni indipendentiste di Baschi e Catalani passando per i nostalgici della dittatura franchista, che ancora oggi continuano a produrre i loro effetti nella società. E  questo si vede nello sviluppo delle vicende interiori delle protagoniste. 

Alessio Vagaggini - autore di La Patria di Itzurza
Alessio Vagaggini - autore di La Patria di Itzurza

Ecco, le protagoniste sono tutte donne. Ci racconti qualcosa in più su di loro e sul mondo che rappresentano?

La Patria di Itzurza mette in scena quattro figure femminili, quattro donne normali nelle loro esistenze ma speciali per il messaggio che ognuna di esse vuole lanciare. Itzurza è una ragazza che prova ad imporsi in una società estremamente maschilista, e lo fa attraverso attività tipicamente maschili come la guerra, dato che entrerà in un’organizzazione terroristica (ETA) e ne rivestirà un ruolo di vertice. Dall’altro lato, Maria e Clara hanno un indole più “femminile” data la loro vicinanza alle arti, alla cura del loro aspetto fisico, alla seduzione; tanti punti in comune le uniscono: si tratta di una madre ed una figlia fra loro in conflitto proprio perché estremamente simili. Maria si afferma grazie alla propria arte e alla propria dote per la recitazione, diventando l’attrice più famosa del Regno di Spagna e, si dice, arrivando persino alle orecchie di Francisco Franco. Clara, la cui bellezza è il primo aspetto che viene catturato, farà propria la “ribellione” in senso lato per imporre la sua presenza: la rivolta contro tutti i valori tradizionali, l’ateismo, l’imposizione della sua sensualità eccessiva come mezzo per rompere ogni schema in un mondo nel quale si sente prigioniera. Madre e figlia si impongono sul mondo maschile non tramite un’“azione” ma piuttosto come “rappresentazione” – l’una con la propria arte della recitazione, l’altra con quella della seduzione – cullandosi in quella posizione di dominio. Queste donne, in conflitto tra loro e con loro stesse, rincorrono costantemente un oggetto del desiderio. Ma solo la terza donna della famiglia, Elena, saprà superare i conflitti.

Il libro è un mosaico di scene di colori diversi, da quelle più forti e difficili a quelle più riflessive e intime. Ce n’è una in particolare che “porti sempre con te”?

Ho cercato di rendere alcuni spezzoni del libro cinematografici per permettere al lettore di immedesimarsi al meglio nelle vicende. Le scene che ho a cuore sono la crisi di Matias, marito di Elena, che per il malessere della moglie arriva sull’orlo della follia come in un film di Almodóvar, oppure il dialogo fra Itzurza e Miguel in carcere, per il quale mi sono volutamente ispirato a “I Malavoglia” quando vanno a salutare Padron N’toni all’ospedale. 

Tuttavia, la storia ruota tutta attorno al dialogo fra Itzurza e Clara, il pezzo che ho scritto con maggior trasporto emotivo ed attenzione al dettaglio. A confrontarsi sono qui due ragazze forgiate da esperienze di vita e valoriali molto diverse fra loro. Il loro incontro, a dire il vero, me lo sono immaginato davvero nell’autunno del 2018, quando ero in Plaza Mayor a Madrid e vidi al tavolino di un bar queste due ragazze, all’apparenza molto diverse, dialogare fra loro in mezzo alla confusione che le circondava. Oltre ad essere la chiave di volta del romanzo, è proprio attorno a questa scena che ho articolato il resto della trama. E, infatti, non a caso vi si giunge dopo un lungo climax che inizia già dalla parte iniziale. 

Grazie mille, Alessio, sia per il tempo che ci hai dedicato sia per l’occasione che ci hai dato di approfondire luoghi e storie affatto distanti da noi. E visto che raccontare la storia della Patria di Itzurza ti appassiona… carpe diem! Ne parleremo prossimamente in una live nei nostri canali Facebook e Instagram

“La Patria di Itzurza”, 2021, Chance Edizioni è disponibile ai seguenti link:

La patria di Itzurza

Livia Corbelli e Filippo Paggiarin

la Patria di Itzurza

Pubblicato “Primi Passi” – il primo libro di Livia Corbelli

Il 9 Marzo è stato pubblicato Primi Passi, il primo libro di Livia, fondatrice e autrice di questo blog. Noi di Jeune Europe siamo molto felici e orgogliosi del suo traguardo; speriamo che questo libro possa essere per voi un invito alla lettura, alla riflessione, alla pausa necessaria.

Livia, anzitutto dicci tu cosa è Primi Passi

Primi passi è certamente una raccolta di poesie, ma è anche una forma di consapevolezza del proprio sentire. Direi che si tratta di un modo di intendere la propria ferita, considerandola un varco, un invito a scendersi dentro. Così facendo, si attribuisce valore al suo bruciare, senso al suo esistere. Ma Primi passi è anche e soprattutto un sogno che si realizza, sebbene io non sia mai stata una sognatrice in senso stretto. Eppure, spesso nel corso degli anni mi sono trovata ad immaginare come sarebbe stato se qualcuno avesse tenuto in mano le mie parole, che cosa avrei saputo trasmettere e come mi sarei sentita. Ora è successo – cos’ho saputo trasmettere aspetto per dirlo, come mi sento lo so: incredula e felice.

Come – ma pure dove e quando! – è nato?

Non c’è un tracciato preciso, né metodico né spazio-temporale. Ho sempre scritto quando sentivo che qualcosa doveva uscire, ciò significa che potevo trovarmi in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento: si trattava di non bloccare un pensiero. L’idea della silloge poetica è nata in seguito quando, rileggendo – come spesso faccio – le poesie che avevo accumulato nel corso di un paio d’anni, mi sono resa conto che costituivano un insieme coerente e sensato.

Come mai la scelta di pubblicare in italiano e in francese?

Non è stata una vera scelta; direi piuttosto che è stata una presa d’atto: quando dico che mi sono resa conto della coerenza e sensatezza dell’insieme delle mie poesie mi riferisco sia a quelle in italiano che a quelle in francese. In fondo, fanno parte di uno stesso viaggio, nascono dallo stesso bisogno di espressione.

Quando è che ti ritrovi a scrivere? Come nascono queste poesie?

Diciamo che, in generale, mi servono momenti di solitudine e di silenzio, dei momenti di pausa, direi. Di solito sono quelli i momenti in cui i pensieri e le sensazioni che ho raccolto nella frenesia dei giorni tornano a bussare alla mia porta.
Come nascono… direi, in due modi: a volte da un’immagine che mi sembra descrivere perfettamente una sensazione e allora cerco di riprodurla a parole; altre volte da una parola o da una frase che, connessa ad una sensazione, mi gira in testa da un po’ e allora cerco di costruire un’immagine intorno a quella. Credo che potrei identificare una “parola-portante” in ogni poesia.

Quale è il tuo rapporto con ciò che scrivi? C’è una delle poesie che hai scritto alla quale ti senti più legata?

E’ un rapporto di grande intimità; e questo è ciò che rende bello e spaventoso consegnare le proprie parole agli altri.
Mi sento legata a molte poesie, non saprei dirne una senza legarla ad altre. Però, se proprio devo, questa può essere una di quelle:

Gatta , raccolta in una spossatezza baritonale,
seguo a dito i contorni del mio corpo
con lentezza attenta e circospetta:
tasto il tempo che cambia.
Il pelo sul cuore e il mutamento della carne
– li assaporo poco a poco.

Nell’ombra lunga di quello che c’è
e di quello che non c’è, allungo la schiena,
allargo le dita dei piedi, scrocchio quelle delle mani,
modifico il respiro, stringo i glutei,
sfioro i seni, strofino le labbra,
premo sul ventre, accavallo le gambe,
chiudo gli occhi, stringo le spalle –
apro le braccia a croce:
che lo voglia o no, mi appartengo
e finché resto distesa a letto,
al buio, posso essere tutto.
Perdo i contorni mentre il sangue fluisce
tra i bordi delle mie crepe aperte
alla rimarginazione o alla nascita.

Guardarsi con benevolenza
ad occhi chiusi: ritrovar-si
e ritrovare il desiderio è un gioco
serio che può durare tutta la vita.

Hai già idee per il futuro?

Mi piacerebbe continuare a scrivere, chiaramente; e, in parte, lo sto già facendo. Ma siccome scrivere, per me, è un modo per assecondarmi e, quindi, risponde sempre a un’esigenza personale, non credo mi porrò obiettivi troppo rigidi. Non per ora, almeno.

Dove trovarlo?

Nell’attesa di trovarlo in libreria (dove comunque può essere ordinato), si può trovare online ai seguenti link che mettiamo qui sotto.

Cosa vorresti dire a chi sta per aprire il tuo libro?

Prenditi tempo per sentire quello che senti, per lasciarlo scorrere.

Calibano Editore: https://www.calibanoeditore.com/libri/Primi_passi_Livia_Corbelli?fbclid=IwAR2L-QiYnaL9hdVPaCLQynTvPc8vN16xdE0Rbc0l2YPsFX2CPCvEHm5_gwQ

Amazon: https://www.amazon.it/Primi-passi-Livia-Corbelli/dp/889499256X/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&keywords=livia+corbelli+primi+passi&qid=1583415952&s=books&sr=1-1&fbclid=IwAR3GXL1rFUhnWpfSJC6yjn0ugfVk3bAGP0-HfFJ5YsU-Mq88vHV_NgvJVzI

Libreria Universitaria: https://www.libreriauniversitaria.it/primi-passi-corbelli-livia-calibano/libro/9788894992564?fbclid=IwAR3g6KLvebSEdtLv1adKpNRY7nwOG4GnVDsdjjNlaB0rT2fOgbqskzybjHY

Feltrinelli: https://www.lafeltrinelli.it/libri/livia-corbelli/primi-passi/9788894992564?fbclid=IwAR3taoVGwcynRy0NKi5bA5uBLGe60c0UnERS2ZdC1vSirYsosYy9N8btFOE

IBS: https://www.ibs.it/primi-passi-libro-livia-corbelli/e/9788894992564


Il Nüshu: la voce silenziosa delle donne

un estratto della diretta con Giulia andata in onda il 2 maggio sulla nostra pagina facebook.

“Ogni volta che salgo sull’autobus che da Guilin conduce a Jiangyong, guardo fuori dal finestrino e penso alla potenza del yuánfèn 缘分 (un concetto della religione popolare che incarna la “coincidenza fatidica”) che mi ha portata a sentirmi a casa in un luogo così remoto e inesplorato”. 

Giulia Falcini, autrice del libro “Il Nüshu. La scrittura che diede voce alle donne”, CSA Editrice

Così è iniziato il mio viaggio “fisico” alla scoperta di quell’angolo del mondo che, senza saperlo, rappresentava proprio quel pezzo del puzzle che cercavo da tempo. Jiangyong, e in particolare il villaggio di Puwei, hanno rappresentato un incastro perfetto tra il mio amore per la Cina, per il popolo cinese e per la sua millenaria cultura: la sublimazione di ideali che per anni ho ammirato, ma che raramente ho trovato racchiusi in un unico posto. 

Il mio viaggio “spirituale” è nato invece in un’aula di università, quel luogo che spesso consideriamo solo contenitore di nozioni astratte, quella stanza da cui non vediamo l’ora di evadere per dare concretezza alle parole dei manuali. Grazie ai racconti colmi di passione di chi ci narrava la Cina, è proprio all’interno di quelle classi che io ho avuto invece la grande fortuna di poter iniziare a viaggiare con la mente e di innamorarmi di un Paese prima ancora di vederlo dal vivo. Ed è proprio tra quelle mura che sentii parlare per la prima volta del nüshu 女书, e la mia mente decise subito che avrei dovuto approfondirlo, conoscerlo, appassionarmene. E così è stato. 

“Il nüshu: la scrittura che diede voce alle donne” è stata un’altra grande avventura, che mi ha permesso, a ritroso, di riflettere su tanti dettagli delle mie esperienze, di approfondire i particolari di questo splendido fenomeno culturale e di prendere coscienza della bellezza di tanti luoghi e di tante persone. L’idea di questo libro è nata circa due anni fa, quando nell’estate 2018 mi ritrovai a parlare di nüshu con la Prof.ssa Zhao Liming, all’interno del suo studio presso l’Università Tsinghua di Pechino: pensai subito che quei meravigliosi racconti non potevano restare solo per me. 

COS’È DUNQUE IL NÜSHU?

Nüshu significa letteralmente “scrittura delle donne”. La sua pronuncia si basa sul dialetto locale, ovvero quello dei villaggi situati intorno alla contea di Jiangyong, nella provincia dello Hunan, nella Cina meridionale. I caratteri femminili sono circa 396, ad ognuno dei quali corrisponde una sillaba del dialetto. A differenza del cinese dunque, questi ideogrammi trascrivono suoni, non significati e ad ognuno di essi ne corrispondono diversi di quelli cinesi “tradizionali”. Da qui l’importanza del contesto per comprenderne il significato. È difficile stabilire una data precisa per la creazione del nüshu che con molta probabilità avvenne intorno al 1700, ma tale questione è oggetto di continui dibattiti tra gli studiosi. La scrittura femminile nacque sicuramente in risposta alla società patriarcale dell’epoca, che poneva inevitabilmente le donne in una condizione di sottomissione. Un aspetto fondamentale che ha portato alla nascita di questa lingua è il fatto che le ragazze non potessero frequentare la scuola: per rimanere in contatto tra di loro, soprattutto una volta sposatesi, si inventarono dunque un loro modo per comunicare. Il nüshu rappresentò anche un modo per evadere dall’opprimente quotidianità, un mondo parallelo nel quale le donne si rifugiavano, dove sapevano di poter trovare comprensione e dove potevano sfogare il proprio dolore. Non è un caso che, secondo la leggenda, il nüshu venne creato da una ragazza del villaggio di Jingtian che venne scelta come concubina dell’imperatore. La donna non venne ben accolta in corte e la solitudine e la nostalgia per i suoi cari, la portarono a creare una nuova scrittura, differente da quella degli uomini, per dar sfogo ai propri pensieri e farli arrivare ai familiari.  

Quando si pensa al nüshu, è inevitabile parlare di “lingua delle donne e per le donne” perché è proprio da loro che è stata concepita e messa al mondo. È importante però sottolineare che quella femminile, non fu mai una scrittura segreta, anzi, furono semplicemente gli uomini a non interessarsene mai, in quanto creata da quella parte di società considerata incapace di produrre qualcosa di apprezzabile. 

In effetti, se si considerano i luoghi molto piccoli nei quali la cultura nüshu è nata, ha vissuto e continua ad essere tramandata, è impensabile che la parte maschile della società non si fosse mai accorta di quei caratteri romboidali che ricoprivano i tanti oggetti realizzati dalle signore; ed era impossibile che non avessero mai colto le melodie che riecheggiavano nei villaggi. Gli avvenimenti storici e sociali hanno portato ad un grande cambiamento rispetto alla reputazione attribuita alla scrittura femminile: gli uomini hanno iniziato ad interessarsi al nüshu, in contea ne parlano orgogliosi come di un simbolo che caratterizza la loro città e molti di loro sono direttamente impegnati nella promozione di questo fenomeno. E non è un caso che oggi, nei villaggi, non appena le donne cantano, tutti si fermano, compresi gli uomini; e non per dovere o per riverenza, ma perché realmente catturati da questi suoni allo stesso tempo luminosi e struggenti. 

E sono proprio i canti a fungere da vettori dei sentimenti femminili più intimi, profondi e confidenziali, trattando ogni tipo di tema, dai raccolti, alle festività, ai momenti felici, fino a quelli più sconfortanti.

LE PERSONE: SOFFIO VITALE DELLE TRADIZIONI

“I luoghi del Nüshu mi hanno insegnato che si può essere ricchi anche senza acqua corrente in casa e che l’umiltà e il buon cuore sono alla base di ogni grande persona.”

Nonostante i caratteri rappresentino l’aspetto più affascinante di questa cultura, è solo visitando e vivendo i villaggi che orbitano intorno a Jiangyong che ci si può rendere conto di una grande verità: il nüshu non è una lingua, ma un fenomeno culturale. La sua esistenza infatti, è strettamente collegata a quella delle tradizioni locali, delle festività popolari e, soprattutto, delle persone.

Nel mio libro compaiono molti personaggi che hanno vissuto e tramandato il nüshu: Chen Xinfeng e Hu Yanyu sono sicuramente tra i nomi che il lettore non potrà dimenticare. La grande accoglienza che ogni volta mi riservano nella loro abitazione del villaggio di Puwei, mi ha permesso di entrare nel vivo della loro cultura a 360 gradi, di percepire come viene vissuta al giorno d’oggi, di ascoltare tanti racconti, di registrare i colori, i suoni e i gesti di quella che non è

solo una lingua, ma molto, molto di più. Le due -madre e figlia- conservano i tratti tipici delle donne che oltre tre secoli fa ebbero la forza di creare un mondo parallelo a quello che le stava annientando. Difficile esprimere a parole la bontà che le caratterizza, ma è la loro complicità quella che maggiormente colpisce chiunque le osservi mentre intonano i brani nüshu. 
Una volta un’amica mi disse che “nasciamo in un posto, ma poi abbiamo luoghi del cuore dove sappiamo che possiamo tornare sempre”. Io credo di aver trovato il mio, quello che mi manca ogni volta che non sono lì.

Giulia Falcini

Qui di seguito il link al libro. “Il Nüshu. La scrittura che diede voce alle donne”, Giulia Falcini, CSA Editrice: http://www.csaeditrice.it/index.php?option=com_virtuemart&view=productdetails&virtuemart_product_id=404&virtuemart_category_id=1&lang=it

Per vedere la registrazione della diretta invece, clicca sul link:

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