Le insidie dietro la crescita dei mercati

Continua l’irrefrenabile ripresa dei mercati finanziari. Dopo il mese record di aprile, maggio ha deluso le aspettative di numerosi short seller[1] che prevedevano una correzione al ribasso delle valutazioni. Le riaperture in tutti i paesi, dopo un prolungato periodo di lockdown, hanno generato una grande euforia sui mercati finanziari facendo proseguire la rincorsa ai livelli pre-coronavirus.

Per molto tempo abbiamo imparato a guardare agli utili come al principale value driver nel mercato azionario. Non era il rapporto price/earnings (P/E)[2] uno dei principali multipli per valutare i titoli? Ad oggi, nonostante la maggior parte delle società abbiano riportato utili ampiamente sotto i livelli forniti sia dalle guidance sia dalle previsioni degli analisti (eccetto quelle del settore tecnologico, comunicazioni e stay-at home[3] stocks), il mercato sta lentamente tornando ai valori pre-crisi. Il Nasdaq è tornato a pochissimi punti percentuali dai massimi storici.

 

Source: Yahoo Finance

Ad amplificare il paradosso di questa visione, quasi unidirezionalmente al rialzo, sono praticamente tutti i dati macroeconomici negativi. Le stime del Fondo Monetario Internazionale[4] prevedono il segno negativo sulle proiezioni del PIL in quasi tutti i paesi del mondo, fatte salve rare eccezioni quali Cina e India (rispettivamente +1.2% e +1.9% nel 2020) che a loro volta sono ampiamente lontane dal normale ritmo di crescita. Nell’area euro è previsto un calo del 7.5% nel 2020 con un rimbalzo del 4.7% nel 2021, e chissà quanto tempo impiegheremo per tornare ai livelli di PIL antecedenti il coronavirus.

 20202021
United States-5.94.7
Germany-7.04.7
France-7.25.2
Italy-9.14.5
Spain-8.04.8
Japan-5.24.3
United Kingdom-6.54.0
China1.29.2
India1.97.4
Source: IMF. Pil outlook in percent change.

A questo si aggiungono le stime sulla disoccupazione che, dati alla mano, negli Stati Uniti ha raggiunto il 14.7% ad aprile, più del triplo dal 4.4% di marzo[5]. Non dimentichiamoci però che circa il 70% dei consumi negli Stati Uniti sono dovuti alle famiglie statunitensi stesse. Chi consumerà negli Stati Uniti considerando che aumentano i disoccupati?

Le stime macroeconomiche sono affiancate alla totale aleatorietà del vaccino. Sebbene alcune (poche) sperimentazioni siano andate a buon fine, sembriamo essere ancora molto lontani dall’ottenere un vaccino efficace. Ad oggi, i vaccini più promettenti sono in fase di sperimentazione. Tuttavia, sembra quasi che, di recente, gli investitori si siano dimenticati le principali incertezze che questa crisi sanitaria ed economica ha causato: non ci sono cure efficaci, non sappiamo se, ed eventualmente quando, gli utili ritorneranno ai livelli pre-covid 19, non conosciamo le conseguenze delle riaperture o se il periodo autunnale possa portare ad una nuova ondata. E potrei continuare con tantissime altre incertezze.

Da dove viene quindi tutto questo ottimismo? La vera domanda è chiedersi se forse ‘there is no alternative’ market. Infatti, accanto a tutte queste incertezze, abbiamo delle certezze indiscutibili: le banche centrali continuano e continueranno a stampare incessantemente moneta garantendo stimoli illimitati (due esempi sono la Federal Reserve e la Bank of Japan). Le decisioni delle principali banche centrali di fornire una liquidità spropositata sul mercato hanno probabilmente favorito una ripresa nel breve periodo, ma bisognerà valutarne la sostenibilità. Inevitabilmente, tutti questi interventi hanno portato i rendimenti sul cash e sui bond a livelli così bassi da generare una volontà implicita negli investitori ad esporsi maggiormente sul mercato azionario, per ottenere un rischio-rendimento più soddisfacente. A questa si aggiunge la cosiddetta ‘fear of missing out’ (FOMO) da parte degli investitori, ovvero la paura di non salire sulla barca al momento del trend rialzista per sfruttare il rally[6], che a sua volta alimenta ulteriori rialzi. Il problema rimangono, però, i dati macroeconomici, i quali potrebbero portare ad un trend rialzista solo nel breve termine.

Altro fattore di estrema importanza sarà la possibile guerra fredda tra Stati Uniti e Cina che potrebbe ancor di più alimentare l’incertezza sui mercati. L’immediata reazione è stata naturalmente negativa. Contesti del genere aumentano il premio per il rischio e mettono a pericolo lo sviluppo globale. Ovviamente, un aumento del risk-premium[7] porta, nella maggioranza dei casi, ad una diminuzione del prezzo delle azioni. Si tenga a mente che parliamo delle due potenze maggiori in termini di PIL globale, e gravi ripercussioni potrebbero, con un effetto a catena, coinvolgere tutti i mercati.

Per quanto riguarda il mercato Europeo e in particolare l’Eurozona, la notizia principale riguarda la proposta del Recovery Fund della Commissione Europea che dovrebbe garantire 750 miliardi con un’emissione di titoli trentennali garantiti da tutti i Paesi, di cui una porzione sarà distribuita a fondo perduto e una porzione in forma di prestiti. Negoziati molto complicati si apriranno nei mesi successivi. Finalmente ci avviciniamo ad una condivisione del debito a livello europeo (eurobond). Il problema è che i fondi saranno erogati non prima del 2021. Di conseguenza gli strumenti disponibili dei paesi europei saranno, almeno fino alla fine del 2020 il Sure, il Mes e gli acquisti dei titoli governativi da parte della Banca Centrale Europea. Queste iniziative sono state prese con grande euforia sui mercati, soprattutto quello dei titoli di Stato il quale ha visto un restringimento degli spread[8].

Non possiamo pronosticare se il rally azionario durerà ancora a lungo dal momento che ci troviamo in un mercato veramente anomalo. In questo contesto il sentiment degli investitori sembra contare molto più dei fondamentali macroeconomici e microeconomici. Rimane però un concetto fondamentale dell’economia: la crescita, per essere sostenibile nel lungo termine, deve basarsi su strutture e fondamenti solidi e questi, ad oggi, sembrano essere molto labili. Nel caso estremo si rischia di creare una bolla che, se esplodesse, provocherebbe ulteriori conseguenze negative sul mercato.

Gianlorenzo Zeccolella


[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Vendita_allo_scoperto

[2] P/E (Price over earnings) è uno dei principali multipli utilizzati per valutare l’equity di una società. Se P/E=15x significa che il prezzo azionario è quindici volte le earnings per share

[3] Un esempio di stay at home stocks sono Netflix o Zoom

[4] https://www.imf.org/external/index.htm

[5] https://www.ilsole24ore.com/art/la-disoccupazione-usa-vola-147percento-mai-cosi-alta-grande-depressione-ADEShGP

[6] Un rally è un periodo in cui il prezzo di un asset vede una spinta al rialzo sostenuta. https://www.ig.com/it/glossario-trading/definizione-di-rally

[7] https://www.investopedia.com/terms/r/riskpremium.asp

[8] Lo spread indica la differenza di rendimento tra due tipi di titoli della stessa durata (solitamente 10 anni), dove uno è considerato il benchmark principale

L’UE ha bisogno di una reazione economica congiunta

featured image “CC-BY-4.0: © European Union 2019 – Source: EP”

La pandemia del covid-19 ha colpito violentemente l’Europa. Il nuovo coronavirus, che ha infettato l’essere umano per la prima volta nella regione cinese dell’Hubei, sta cambiando la vita di tutti noi e stravolgendo il quadro politico ed economico globale. La risposta dei Paesi europei nella fase iniziale dell’emergenza è stata poco coordinata e, nella maggior parte dei casi, tardiva. L’impatto del virus è stato particolarmente severo nelle regioni più economicamente sviluppate: Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto in Italia; in Spagna, specialmente nella regione di Madrid e in Catalogna; in Francia nell’Ile de France, regione di Parigi; in Germania maggiormente in Baviera, Nord Reno – Westfalia e Baden Württemberg, in Svezia nella contea di Stoccolma e in Belgio nella regione delle Fiandre. La forte integrazione tra le economie dei vari Paesi europei è stata anche, inevitabilmente, un eccezionale mezzo di diffusione del virus e rischia di esserlo ancor di più in un futuro prossimo, se mancherà un coordinamento a livello europeo per organizzare la riapertura.

(mappa interattiva sulla diffusione del covid)

Le misure restrittive imposte nei Paesi più colpiti, Italia e Spagna, sono molto stringenti, poiché permettono di continuare a svolgere soltanto attività produttive essenziali e strategiche per la gestione dell’emergenza sanitaria. Invece nella maggior parte dei Paesi UE si è optato per una chiusura delle attività commerciali a contatto con il pubblico, senza chiudere attività produttive[1].  Questi provvedimenti, seppur necessari, tuttavia rischiano di affossare l’economia europea.
L’impatto della crisi economica sarà diverso Paese per Paese, dipenderà dalla severità delle misure restrittive, dai danni diretti e indiretti della pandemia e soprattutto dalla capacità finanziaria dei singoli Stati di supportare la propria economia con la liquidità necessaria e con interventi rapidi e precisi.

La necessità e le criticità di finanziare la spesa pubblica con il debito

Le principali fonti di finanziamento dello Stato sono la tassazione e l’emissione di titoli di debito sul mercato. Nel mezzo di una pandemia, con imprese in ginocchio e la necessità di mantenere in vita il sistema produttivo ed economico, non è auspicabile un aumento a breve della tassazione. È inevitabile aumentare il debito pubblico per contenere l’impatto che una annunciata recessione economica avrà sulla vita dei cittadini. Gli Stati, quando richiedono un prestito sul mercato per finanziare la propria spesa emettono titoli di debito, chiamati bond o titoli di Stato. Come ogni prestito, anche i titoli di Stato presentano il rischio che il loro valore diminuisca o che, in situazioni critiche, il debitore, lo Stato, non riesca a rimborsare interamente il capitale.
In linea generale, più gli investitori – banche, istituzioni finanziarie, fondi pensione e risparmiatori – riterranno probabile che il prestito non sia ripagato, più richiederanno un alto rendimento per il rischio che stanno correndo. Allo stesso tempo, più sarà alto il rischio percepito dagli investitori più sarà costoso per lo Stato indebitarsi. Gli eventi politici, economici e l’ammontare di debito emesso possono avere un impatto sulle finanze dello Stato. Inoltre, avranno anche un effetto sulle aspettative degli investitori e sul rendimento dei titoli di Stato. Spesso si parla di spread tra i titoli tedeschi e i titoli italiani decennali per valutare l’aumento del rischio relativo al debito italiano. Uno degli indicatori più utilizzati per quantificare la dimensione del debito di uno Stato è il rapporto Debito/PIL (per saperne di più).

La situazione dei debiti pubblici nei maggiori Paesi UE

Figura 1: serie storica debito/PIL dal 1995 al 2019. Fonte Eurostat.

A questo punto appare evidente che non tutti i Paesi europei si trovano nella stessa condizione. Spagna e Italia, i Paesi attualmente più colpiti dall’epidemia, sono anche quelli con il debito pubblico più elevato. L’Italia negli ultimi anni ha avuto una crescita del PIL molto bassa[2], il suo debito/PIL è arrivato ad un valore di oltre il 134% dal 2018[3]. Anche la Spagna, aveva allo stesso anno, un rapporto Debito/PIL alto 97.6%[4]. Negli ultimi anni, però, ha avuto una consistente crescita del PIL, circa il 2% nel 2019 e una crescita media del 2.8% annuo dal 2015[5]. Tuttavia, prima della crisi del 2007 il rapporto Debito/PIL spagnolo era al 35%[6]. L’incremento enorme del debito durante la crisi finanziaria ha reso necessarie misure di riduzione della spesa pubblica e altre riforme per permettere al Paese di restare competitivo e poter continuare a finanziarsi sul mercato.
Italia e Spagna, dunque, si trovano tra due fuochi, sotto una pressione senza precedenti per la crisi sanitaria e dovendo sostenere spese ingenti per la ricostruzione della propria economia, senza potersi finanziare con debito a costi bassi.
Già al 21 aprile, il tasso di rendimento sui titoli di stato decennali (BTP) per l’Italia era del 2,02% [7]e dello 0,97%[8] per la Spagna. Per avere un termine di paragone è sufficiente sapere che i titoli tedeschi hanno un tasso di rendimento negativo di – 0,481%[9], avendo un rapporto Debito/PIL pari al 61,9%[10]. I Paesi Bassi hanno un tasso di rendimento negativo di -0,177% [11]e la Francia di 0,06%. [12]All’aumentare del debito per sostenere le misure economiche e sanitarie di contrasto alla crisi, questi tassi di rendimento aumenteranno, rendendo più costoso il finanziamento per tutti i Paesi UE, ovviamente in maniera più accentuata per i Paesi più a rischio.

Figura 2: serie storica 1993 – 2020 tasso di rendimento sui titoli di Stato decennali. Fonte: BCE

 

Il dibattito e le misure dell’UE


La crisi sanitaria del coronavirus sta colpendo tutto il mondo. Non si può definire virtuoso un Paese meno colpito né infierire con giudizi morali insensati sui Paesi più vessati. Non è una semplice crisi finanziaria, è una crisi simmetrica, come è stato spesso rimarcato, però l’impatto della crisi e le tempistiche saranno diverse Paese per Paese. Sin dall’inizio si è scatenato uno scontro tra sostenitori della necessità di emettere titoli di debito comune per avere una risposta congiunta – tra i quali Francia, Spagna e Italia – e rigoristi – tra i quali Germania e Olanda – convinti di poter sostenere da soli i costi della crisi. In un primo momento, i Paesi appartenenti al blocco rigorista sembravano disposti ad aiutare i Paesi più colpiti solo con strumenti di intervento economico soggetti a condizionalità su tempistiche e modalità di riduzione del debito pubblico – il famoso Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) a condizionalità rafforzate.
Contemporaneamente, le istituzioni europee hanno dato il loro sostegno ai Paesi più in difficoltà con un piano straordinario di acquisti di titoli di Stato da parte della Banca Centrale Europea, che ha finora permesso di mantenere bassi i rendimenti sui titoli di Stato italiani. Sono state adottate anche altre importanti misure economiche per 540 miliardi[13]. Quanto fatto, tuttavia, non è sufficiente per superare la crisi. L’idea di emissioni di debito comuni – eurobond o recovery bond – per finanziare la ricostruzione economica può essere la soluzione giusta per emettere debito a costi minori per i Paesi più in difficoltà e per un ulteriore passo in avanti nell’integrazione europea.

Agire insieme è nell’interesse di tutti


Non è solo solidarietà europea. Davanti ad una recessione del PIL dell’eurozona del 7.5%[14] non esistono Paesi forti, né vie d’uscita individuali. Inoltre, l’UE è un’organizzazione sovranazionale che condivide da anni i benefici di un’area economica aperta, con libertà di movimento per lavoratori, merci e capitali, e ha maturato anche un’interdipendenza tra i vari Paesi. Un riscontro si può avere guardando ai Paesi di destinazione delle esportazioni di Olanda, Spagna, Francia, Germania e Italia.

 

 
Figura 8: Serie storica export/PIL dal 2008 al 2019. Fonte: Eurostat.

 

Come è possibile notare dai grafici precedenti, l’export è una componente importante del PIL di tutti gli Stati analizzati, in particolare l’Olanda nel 2019 ha registrato un export/PIL pari all’82,5% e la Germania al 46,9%[15]. Analizzando i Paesi di destinazione, risulta che la maggior parte di questo export è stato verso altri Paesi UE. l’Italia è il quinto Paese per quota di esportazioni ricevute dall’Olanda e il sesto per la Germania. La Spagna è il settimo per l’Olanda e l’undicesimo per la Germania. Viceversa, Germania e Olanda sono anche destinazioni di quote fondamentali dell’export di Italia e Spagna. [16]Le economie europee sono interconnesse, ora è il turno della classe dirigente europea di trovare un accordo per ulteriori misure forti e congiunte contro la crisi. Ci vorrà del tempo, una revisione dei trattati potrebbe essere necessaria e si dovranno aumentare i contributi al bilancio UE, ma è nel pieno interesse di tutti gli Stati membri. Altrimenti, anche la crisi economica rischia di seguire le stesse linee di contagio della pandemia. I rischi sono una depressione economica e un’ascesa dei partiti euroscettici che potrebbero compromettere l’intero progetto europeo.

Michele Corio


Riferimenti:

[1] https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-coronavirus-e-blocco-delle-attivita-cosa-succede-all-estero

[2] https://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.KD.ZG?locations=IT

[3] http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=gov_10dd_edpt1&lang=en

[4] https://ec.europa.eu/eurostat/tgm/table.do?tab=table&init=1&language=en&pcode=teina225&plugin=1

[5] https://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.KD.ZG?locations=ES

[6] http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=gov_10dd_edpt1&lang=en

[7] https://www.investing.com/rates-bonds/italy-10-year-bond-yield

[8] https://www.investing.com/rates-bonds/spain-10-year-bond-yield

[9] https://www.investing.com/rates-bonds/germany-10-year-bond-yield

[10] http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=gov_10dd_edpt1&lang=en

[11] https://www.investing.com/rates-bonds/netherlands-10-year-bond-yield

[12] https://www.investing.com/rates-bonds/france-10-year-bond-yield

[13] https://jeuneurope.com/ue-e-coronavirus-il-punto-della-situazione/

[14] https://www.imf.org/en/Publications/WEO/Issues/2020/04/14/weo-april-2020

[15] https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/TET00003/default/table

[16] https://oec.world/en/

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