Emergenza Climatica e Attivismo Globale

La necessità di agire


Chiunque si sia preso il tempo per informarsi e sia intellettualmente onesto avrà notato come la nostra civiltà stia galoppando dritta contro un muro. Ormai è inutile girarci intorno, gli effetti dell’attività umana sull’ambiente sono inequivocabili e sotto gli occhi di tutti. Per darmi un quadro generale del fenomeno e del momento storico che stiamo vivendo ho deciso di scrivere quest’articolo. Nella prima parte elenco una serie di dati incontrovertibili che delineano la situazione attuale (e invito caldamente i più scettici a verificare le fonti). Nella seconda parte faccio una brevissima considerazione sulla peculiarità del problema. Riporto poi le previsioni dell’ente più eminente in materia: l’intergovernmental panel on climate change (IPCC). Successivamente, do adito ad alcune critiche indirizzate all’IPCC, accusato da una fetta di comunità scientifica di essere troppo conservatore nelle sue stime. Infine, concludo con dei riferimenti a gruppi di lavoro e iniziative volte a salvare il salvabile.

La situazione ad oggi

Con il 2018 ci siamo lasciati alle spalle il quarto anno più caldo della storia (dalla data di inizio delle misurazioni), con ben 17 dei 18 anni più caldi in assoluto verificatisi nel nuovo millennio [1a] [1b]. Ragione per cui l’Artico continua a perdere un volume di ghiacci al ritmo di circa il 13% a decennio, seguendo un trend crescente (si stima che tra il 1979 e il 2018 il ghiaccio perduto sia tra il 35 e il 65%) [2]. Nel frattempo, i mari si sono già alzati di 80mm dal 1993 [3] e si inizia a scorgere l’impatto che l’innalzamento degli oceani avrà sulla superficie totale di terra emersa (vedi la Florida, o le 5 isole nel mezzo del Pacifico cancellate dalle cartine geografiche) [4];[5]. Oltre all’inabitabilità di alcune zone costiere, il cambiamento climatico aumenta gli episodi di siccità e di alluvioni, motivo per il quale i migranti causati dal surriscaldamento globale continuano ad aumentare e le Nazioni Unite stimano che potrebbero arrivare fino ad un miliardo entro il 2050 [6]. Nel mentre, il permafrost in Siberia e Alaska ha iniziato a sciogliersi, rilasciando metano e  probabilmente innescando un meccanismo a catena impossibile da fermare [7]. Come se non bastasse, l’inquinamento e la sovrapproduzione economica stanno amplificando gli effetti del cambiamento climatico, danneggiando gravemente la biodiversità del pianeta. Nel 2016 il WWF ha dichiarato che siamo nel bel mezzo della sesta estinzione di massa nella storia della Terra, con una perdita del 58% della fauna mondiale verificatasi tra il 1970 e il 2012 [8a], con un tasso di estinzione animale che continua ad aumentare (per ora si colloca tra le 10 e le 100 volte quello medio degli ultimi 10 milioni di anni) [8b]. La lista purtroppo è ancora lunga: dall’acidificarsi degli oceani e il conseguente annichilirsi di interi ecosistemi (vedi le barriere coralline), alle balene morte per indigestione di plastica, incendi sempre più frequenti e più vasti, trombe d’aria e uragani che aumentano d’intensità per la maggiore energia presente nell’aria, lo scioglimento dei ghiacciai, sempre più paesi in emergenza idrica, etc…  [9];[10];[11].

WWF 2016 Living Planet Report. Il colore scuro indica scarsità idrica estrema, quello nel medio indica scarsità d’acqua e quello più chiaro indica stress idrico.

La reazione 

Il problema principale nell’affrontare il cambiamento climatico è la discrepanza tra la sua natura globale e la forma organizzativa dell’uomo in pluralità di Stati. Inoltre, le prime avvisaglie degli effetti del cambiamento climatico sono state localizzate, provocando danni maggiori nei paesi più poveri. Questo ha contribuito ad accrescere la sensazione che il cambiamento climatico fosse solamente un’altra piaga del Sud del mondo e che noi in Occidente (unici possibili leader di una concertazione internazionale attenta all’equità energetica) alla fine non ne avremmo risentito più di tanto. Recentemente, gli effetti hanno però iniziato a farsi sempre più forti e frequenti, aiutando una tanto tardiva quando indispensabile presa di coscienza generale. 

Le prospettive secondo l’IPCC

Mentre il tempo a nostra disposizione si assottiglia implacabile, fregandosene delle lungaggini necessarie al coordinamento internazionale, la temperatura del pianeta è già aumentata di un grado e i danni iniziano a farsi irreversibili. Le previsioni dell’IPCC ci dicono che se anche riuscissimo a mantenere l’aumento della temperatura entro 1,5°C (best-case scenario) in ogni caso vedremmo un ulteriore declino delle barriere coralline del 70-90%, un Artico per la prima volta senza ghiaccio prima della fine del secolo, un innalzamento dei mari tra i 26 e i 77 centimetri, una diminuzione del 9% dei raccolti di grano, circa 1,5 milioni di tonnellate di pescato in meno (con una popolazione mondiale in crescita), un ulteriore aumento di eventi climatici estremi e una diminuzione d’acqua dolce nel Mediterraneo del 9% [11]. L’aumento a 1,5°C si stima avverrà tra il 2030 e il 2050. Per ottenere questo scenario “ottimale” dovremmo iniziare dal 2020 a tagliare le emissioni globali in maniera tale da collocarci sul trend raffigurato nel grafico (b) sotto, il quale rappresenta una riduzione del 45% rispetto ai livelli di CO2 emessa nel 2010 già entro il 2030 e emissioni-zero entro il 2055 (linea grigia). Il dato cumulativo delle emissioni di gas serra continuerà comunque ad aumentare per qualche decina d’anni (c) e (d). Questo perché abbiamo innescato meccanismi naturali che non si possono spegnere con un interruttore (se stai andando a 200km/h e inizi a frenare, farai comunque diversi metri di strada in più rispetto al punto d’inizio della frenata).

IPCC Summary for policymakers 2018 Special Report, SPM.1

La critica

Terrificante è pensare che la strada per metterci sul trend rappresentato nel grafico (b) non è stata intrapresa e nulla fa presagire che lo sarà nei prossimi mesi. Al contrario, nelle maggiori potenze mondiali abbondano governanti clima-scettici come negli Stati Uniti, in Russia e in Australia. Per non menzionare il Brasile, dove abbiamo di recente assistito ad una ripresa della deforestazione in Amazzonia [12], la Polonia, i cui leader politici non hanno nessuna intenzione di rimpiazzare il carbone come fonte energetica principale del paese, o la Cina, rappresentazione dell’ambiguità energetica ed espressione di un governo che dichiara di voler fare la guerra all’inquinamento ma allo stesso tempo (un po’ per necessità, un po’ per interesse) finanzia centrali di carbone all’estero e detiene la quota di maggioranza nell’azienda più inquinante al mondo [13][14].

Grafico ottenuto da Corinne Le Quéré et al. (da confrontare con il grafico (b) sopra)

Tale panorama politico è probabilmente uno dei fattori che spinge sempre più ricercatori a dissentire con le previsioni dell’IPCC, etichettandole come troppo ottimistiche. Il fronte degli scettici è molto ampio, citerò quindi solo le figure prominenti: Peter Wadhams, uno dei glaciologi più conosciuti al mondo, Jem Bendell, professore alla Cumbria University (UK), Mayer Hillman, scienziato che ha dedicato la sua vita al trasporto sostenibile e all’ambiente, Stuart Scott, fondatore e presidente della Transition University (USA), Guy McPherson, professore emerito all’Università dell’Arizona, James Hansen ex direttore dell’istituto Goddard della NASA. Quello che viene recriminano all’IPCC sono sostanzialmente tre punti: 1) sottovalutare l’impatto del metano rilasciato nell’atmosfera come conseguenza dello scioglimento del permafrost, 2) considerare gli effetti del cambiamento climatico come lineari e non esponenziali e 3) mettere nell’equazione tecnologie di geoingegneria per estrarre dall’atmosfera CO2 in una scala attualmente inesistente. Wadhamas, per esempio, predice un settembre senza ghiaccio nell’Artico già nell’imminente futuro e un innalzamento dei mari tra 1 e 2 metri prima della fine del secolo [15]. Il professor Bendell, dopo un anno sabbatico dedicato alla ricerca, ha scritto un paper dal titolo “Deep Adaptation” (rifiutato dalla rivista scientifica a cui l’aveva sottoposto a causa del linguaggio troppo forte). Nel paper, Bendell scrive che non ha più senso fare ricerca sullo sviluppo sostenibile, ambito a cui ha dedicato la vita, perché il target dell’1,5°C e anche quello dei 2°C verranno ampiamente sfondati già entro i prossimi vent’anni e tutti gli sforzi adesso dovrebbero essere atti a comprendere come adattarsi ad uno scenario post collasso della civiltà. 


La mappa qui di seguito è stata elaborata da tre enti internzionali che si occupano di cambiamenti climatici. Questi hanno esaminato, paese per paese, tutte le politiche atte a raggiungere gli obbiettivi stipulati nell’accordo di Parigi.

Sforzi dei paesi per raggiungere i target prefissati a Parigi. Illustazione ottenuta dalla collaborazione di Climate Analytics, Ecofys e il NewClimate Institute.

Salvare il salvabile

Il fatto che persone che hanno dedicato la loro vita allo studio e alla ricerca siano così allarmiste sicuramente fa riflettere. Certo, l’organo più autorevole sui cambiamenti climatici è e rimane l’IPCC. Bisogna però riconoscere che il panel riporta esclusivamente previsioni che godono di ampio consenso nella comunità scientifica a livello internazionale, quindi per forza di cose conservatrici. Questo articolo vuole invitare il lettore prima di tutto ad informarsi, ormai c’è un ammontare di bibliografia, articoli e documentari sul tema (in tutte le lingue) che permettono a chiunque di farsi un’idea. In secondo luogo, mi piacerebbe fosse chiara l’impellenza di una risposta a livello globale. In democrazia questa può venire solamente da una forte pressione popolare verso i governi. Per questo bisogna partecipare a movimenti come quello di Fridays for Future, o quanto meno supportare organizzazioni schierate per la salvaguardia ambientale. Le azioni individuali sono certamente importanti, ma servono investimenti in stile piano Marshall per metterci sul trend delineato nel grafico (b) dell’IPCC (di cui sopra). Per chi volesse approfondire il tipo di investimenti richiesti, consiglio di dare un’occhiata al progetto Drawdawn (c’è anche un Ted talk di Chad Frischmann tradotto in 19 lingue). Affinché questo cambio di marcia avvenga, bisogna votare in maniera più oculata, informare gli scettici e scendere in piazza. Altrimenti siamo spacciati.

Giovanni Sgaravatti

Bibliografia

[1a] https://www.climate.gov/news-features/videos/history-earths-surface-temperature-1880-2016 

[1b] https://www.ncdc.noaa.gov/sotc/global/201813#gtemp

[2] https://climate.nasa.gov/vital-signs/arctic-sea-ice/ ; https://journals.ametsoc.org/doi/10.1175/JCLI-D-19-0008.1

[3] https://sealevel.nasa.gov/understanding-sea-level/key-indicators/global-mean-sea-level

[4] http://sealevel.climatecentral.org/news/floria-and-the-rising-sea

[5]https://www.theguardian.com/environment/2016/may/10/five-pacific-islands-lost-rising-seas-climate-change

[6] https://www.unhcr.org/49256c492.pdf

[7] http://www.nature.com/articles/s41558-018-0095-z

[8a] https://www.worldwildlife.org/pages/living-planet-report-2016
[8b] Report of the Plenary of the Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services on the work of its seventh session (Maggio 2019)

[9]https://www.nationalgeographic.com/magazine/2018/08/explore-atlas-great-barrier-reef-coral-bleaching-map-climate-change/

[10] https://www.theguardian.com/commentisfree/2016/mar/30/plastic-debris-killing-sperm-whales

[11]https://ipccitalia.cmcc.it/ipcc-special-report-global-warming-of-1-5-c/
[12] https://www.ilpost.it/2019/07/29/amazzonia-bolsonaro/

[13]https://www.npr.org/2019/04/29/716347646/why-is-china-placing-a-global-bet-on-coal?t=1565430393525 ; https://www.bloomberg.com/news/articles/2019-03-20/top-china-fund-sdic-joins-global-shift-away-from-coal-investment

[14]https://www.theguardian.com/sustainable-business/2017/jul/10/100-fossil-fuel-companies-investors-responsible-71-global-emissions-cdp-study-climate-change

[15] https://www.theguardian.com/environment/2016/aug/21/arctic-will-be-ice-free-in-summer-next-year

[Global Carbon emission picture from: https://blog.datawrapper.de/weekly-chart-greenhouse-gas-emissions-climate-crisis/]

https://www.coolearth.org/2018/10/ipcc-report-2/

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