Tutte le strade portano a Roma

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Michele Corio

Michele Corio

Un viaggio nell’Europa dal 1957 al 2017: i 60 anni dell’Unione ci riportano ancora una volta a Roma.
“Tutte le strade portano a Roma”

Dal periodo monarchico alla Roma Imperiale il Foro Romano è stato il cuore della città, un punto di riferimento per tutta Europa.

In pochi metri si ergevano maestosi templi, basiliche, il Senato, le residenze degli imperatori.

Strade si diramavano in ogni dove, arrivavano genti da paesi limitrofi e remoti, dalle verdi terre del Sannio fin sotto l’Arco di Costantino, dalla Spagna fino al tempio di Giove, dalla Palestina all’imponente basilica di Massenzio.
Dietro alle dolci alture del Palatino sorge il sole, illumina l’Urbe e sullo sfondo si scorge il Colosseo.

Roma era il centro del mondo

Al centro della capitale italiana esiste, tuttora, un luogo da cui tutte le strade partono o arrivano: il Miliarium Aureum, una pietra usata come riferimento per calcolare le distanze.

Posta nella parte bassa del Foro, nella confluenza tra la via Sacra, il Vicus Argentarius e il Vicus Iugarius era il luogo d’incontro ideale del mondo antico.

La via Sacra, infatti, era diretta a Sud fino all’Appia, la strada che giunge a Brindisi, da cui vi erano i collegamenti con la Grecia e l’Asia.

Il “vicus Argentarius”, invece, era diretto a nord all’Aurelia, si prolungava fino a Pisa e proseguiva ancora verso Narbonensis (attuale Provenza) e Tarraconense (attuale Spagna). Infine il Vicus Iugarius, diretto a nord est verso la Flaminia e la Salaria, conduceva a Rimini e da lì fino al Norico e alla Raetia (regioni di Austria e Germania odierne).
L’Europa aveva il suo fulcro, una pietra crocevia dalla capitale alle province, approdo dalle numerose regioni dell’Impero.

Campidoglio visto dal Foro Romano

Alcuni metri più in alto nella stessa cornice il 25 marzo 1957, sulla sommità del colle Campidoglio s’incontrarono Adenauer, Segni, Spaak, Pineau, Luns, Bech rappresentanti di Germania, Italia, Belgio, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi.

Dopo anni di conflitti era il momento di mettere nero su bianco un cambiamento rivoluzionario: la nascita della Comunità Economica Europea.

Il trattato di Roma non poteva trovare ambientazione più solenne, dal Campidoglio venne lanciato un progetto ambizioso per raggiungere tutto il continente, dal cuore gli impulsi dovevano arrivare alle terminazioni più lontane del corpo.

Gli stati firmatari si dichiararono pronti a porre le fondamenta per un’Unione sempre più stretta fra i popoli europei, decisi ad assicurare mediante un’azione comune la pace, il progresso economico e sociale dei loro paesi, eliminando le barriere che dividono l’Europa.

Il 25 marzo si costruivano basi forti, radici, sulle quali per anni l’Europa è cresciuta e si è allargata.

I pilastri della comunità furono le libertà di circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali. In concreto si procedeva con l’abolizione di dazi interni, condivisione delle politiche agricole, della politica commerciale e dei trasporti, vi fu l’istituzione di un fondo sociale europeo e la costituzione della Banca Europea degli Investimenti1.

Sessant’anni fa iniziò inoltre anche la costruzione di un’unione politica, con una struttura a triangolo, la Commissione assumeva ruolo esecutivo, l’Assemblea parlamentare aveva un ruolo consultivo e al Consiglio dei Ministri spettava un ruolo propositivo. Il trattato istituì anche la Corte di Giustizia Europea.

<< La Comunità Economica Europea vivrà ed avrà successo soltanto se, durante la sua esistenza resterà fedele allo spirito di solidarietà europea che l’ha creata e se la volontà comune dell’Europa in gestazione sarà più forte della volontà nazionale >>.

Joseph Bech

<< La speranza di un mondo nuovo per l’Europa è legata al destino di un’idea >>.

Adriano Olivetti

 
Oggi cos’è l’Europa?

Sessant’anni sono un’immensità, il mondo non è lo stesso e l’Europa ha fatto sia passi in avanti sia passi falsi. Il recente susseguirsi di eventi a partire dal 2007, anno di inizio della grande crisi economica e dell’interruzione del processo costituente europeo, ci ha condotto ad un punto di svolta. Ci sono forti incertezze e grandi turbolenze all’orizzonte con il ritorno di ideologie nazionalistiche e populistiche. L’attualità è piena di incognite dalla sicurezza e lotta al terrorismo, alle insidie politiche, economiche e sociali, su tutte, la lotta a disoccupazione e alla povertà, senza dimenticare gli squilibri tra i vari stati membri e le difficoltà nel trovare politiche comuni.

 
Allora quali ricette adottare?

Alcuni sembrano voler tornare al passato. È davvero possibile tornare indietro?
Sebbene sia presto per esprimere giudizi tecnici in merito ai risultati, dall’UE si può uscire, la Brexit costituisce una novità assoluta, ma è sempre più realtà. Discorso a parte vale per la moneta unica, Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea l’ha definita irreversibile, salvo pagamento di tutte le posizioni aperte con la BCE, un conto salato che nessun paese può permettersi senza mettere a repentaglio la propria sopravvivenza2.

Altri guardano a un futuro comune con diverse interpretazioni, idee e implicazioni.
Le istituzioni europee hanno sintetizzato in alcuni prospetti le strategie che proiettano l’Unione nei prossimi anni con orizzonte 2025.

Il principale documento a proposito è la “Relazione dei 5 presidenti”3 del 2015, un’analisi dettagliata redatta da Juncker, presidente della Commissione Europea, Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, l’assemblea dei ministri delle finanze dell’area euro, Mario Draghi e Martin Schulz, all’epoca presidente del parlamento europeo.

La relazione illustra tre fasi strategiche per proseguire e rilanciare il percorso europeo, specialmente con riguardo all’Unione Economica e Monetaria Europea (UEM). Nel 2015 furono posti obiettivi ambiziosi, partendo dal maggiore coordinamento e dalla convergenza in ambito fiscale, contabile e finanziario si puntava ad un completamento dell’Unione Economica nei successivi 10 anni.

Tema primario nella discussione fu la lotta alla disoccupazione con idee poco definite e proposte spesso rimaste sulla carta: semplificazione del mercato del lavoro, incentivi fiscali, incentivi alla crescita, stimoli agli investimenti, focus su produttività e competitività per le imprese. Erano pochi, purtroppo, obiettivi quantitativi e iniziative pratiche. Presumibilmente una di queste è il Piano Juncker, uno stanziamento di 25 miliardi di euro (a ottobre 2016) che avrebbero generato investimenti per 138 miliardi, 44% dell’obiettivo prefissato per il 2018. Restano, comunque forti squilibri sulla disoccupazione tra i paesi dell’Eurozona, esemplare è il confronto tra Italia (11,5%), Spagna (18%), Grecia (23,1%), Area Euro (9,5%), Germania (3,9%), Rep.Ceca (3,4%)4.

L’altro aspetto centrale fissato è la prevenzione e la dotazione di strumenti per il contrasto e la reazione tempestiva a crisi finanziarie ed economiche, cicli sfavorevoli e contrazioni nella crescita dei paesi membri e di tutta l’Eurozona. Su questo secondo punto si sono maggiormente concentrati gli sforzi delle istituzioni, sin dalla crisi e recessione 2007-2013, sono stati affrontati molteplici problemi ed è stato intrapreso un significativo e rapido processo di condivisione nelle procedure di bilancio pubblico, nella gestione delle crisi e dei rischi bancari e finanziari con l’armonizzazione dei regolamenti (Single Rulebook) e la nascita di numerose autorità europee di controllo, ad esempio l’EBA (European Banking Authority).

La tendenza sembrava ormai chiara, l’Eurozona andava verso un’unione bancaria con un organismo di autorità regolamentare centralizzato per le grandi banche, la Banca Centrale, come poi è stato.

La strada sembrava simile contro i rischi del settore bancario, assicurativo e finanziario, con autorità dedicate, poi realizzate, ma al momento non dotate di poteri sufficienti per un’azione efficace. L’obiettivo era rafforzare il sistema finanziario garantendogli una maggiore solidità e resilienza in momenti di difficoltà per una maggiore affidabilità e consistenza dell’economia Europea.

I punti clou dove l’Unione si è impelagata, di fatto, sono la costituzione di un fondo europeo di assicurazione dei depositi bancari in caso di crisi bancaria5, rimasti ancora in carico a sistemi nazionali, e i contrasti ai rischi nei mercati finanziari. Si propose un iter che avrebbe dovuto condurre ad un mercato unico dei capitali, mezzo per favorire finanziamenti alle imprese e ridurre il rischio, rimpiazzando le autorità nazionali con una europea. I sistemi finanziari dei paesi membri erano e sono ancora troppo differenti, alcuni più sviluppati nel sistema bancario altri più orientati al mercato.

Il gradino era troppo alto, ad oggi non sembra agevole un’ulteriore prosecuzione positiva in questo senso, non in mancanza di una maggiore legittimazione democratica, di un ruolo più ampio del parlamento UE.

“Se si vuole che le democrazie europee tornino in salute, non può esserci una sfasatura tra l’integrazione economica e quella politica, o l’integrazione politica allunga il passo e raggiunge quella economica, o quest’ultima deve rallentare. Finché si eviterà di affrontare questa discussione l’Unione resterà un organismo disfunzionale. […] Ormai potrebbe essere troppo tardi per tentare un’integrazione politica e fiscale”6.

Serve anche una convergenza rispettosa del contesto di ogni paese, non un mero accentramento di competenze ma una disciplina variegata, capace di tutelare le varie peculiarità, pur garantendo stabilità e affidabilità all’Unione, un’Europa sempre più federale.

 
Proposte attuali

Il rapporto dei 5 presidenti aveva previsto una verifica dell’avanzamento delle iniziative nel 2017, in concomitanza con l’anniversario dei trattati, e un aggiornamento affidato alla Commissione tramite il Libro bianco sull’Unione Europea di Juncker7.

Il 2016 ha rivoluzionato completamente ogni previsione e progetto, il referendum inglese e la vittoria della Brexit ha sollevato un polverone e rimescolato ogni possibile strategia. L’Europa si è trovata debole e in preda agli scetticismi, la fragilità è ancora più evidente difronte al voto in Francia e alle pressioni politiche del governo polacco, in tutto questo non si può assolutamente omettere la minaccia terroristica e la crisi migratoria.

Il libro bianco di Juncker è comunque uscito a marzo 2017, ciò che delinea è un quadro totalmente diverso.

Il presidente della Commissione si allontana necessariamente dalla grande progettualità del rapporto del 2015 e presenta 5 scenari differenti. Il tema centrale ora non è più come proseguire nell’uscita dalla crisi, né limitato agli aspetti economico finanziari. Forzatamente si deve parlare di altro, in discussione ci sono le libertà fondamentali.

La libertà di movimento delle persone, cuore del progetto europeo, oggi è criticata per la facilità di spostamento che ha caratterizzato diversi attentati terroristici recentemente. Inoltre i flussi migratori hanno portato i paesi dell’Est Europa ad adottare misure drastiche e all’apposizione di muri con controlli a tappeto alle frontiere. La crescente attrazione verso misure protezionistiche nel dibattito internazionale mette in pericolo anche la libertà di movimento delle merci e dei capitali, un chiaro monito è dato dalle proposte e dai provvedimenti di Donald Trump.

Juncker espone allora 5 possibili scenari, si torna a mettere in discussione ogni singolo passaggio del percorso europeo. I titoli degli scenari sono molto evocativi: “Avanti Così”, “Solo il mercato unico”, “Chi vuole fa di più”, “Fare meno in modo più efficiente”, “Fare molto di più insieme”. Non si esclude, comunque, una possibile attuazione di strategie intermedie tra i vari scenari.

Il primo scenario, “Avanti così”, appare insostenibile 8 9, l’Europa adesso non procede con un progetto chiaro verso una rotta definita. L’Europa è in crisi, i motivi sono svariati e le responsabilità diffuse, ma in questo scenario è presentata una situazione surreale. Si parla, infatti, di un’Unione, che rimanendo nello status quo, avrebbe focus su occupazione, crescita e mercato comune, tutto questo ignorando sbadatamente i motivi per i quali invece ci si pone interrogativi esistenziali. L’Europa può davvero chiudere gli occhi su migranti, terrorismo, sicurezza e sfiducia politica? O lasciare la patata bollente in carico ai singoli stati?

La seconda prospettiva sembra l’inevitabile sbocco della precedente, in assenza di una cooperazione comunitaria su temi essenziali esterni alla sfera economica ci sarebbe un inevitabile ritorno ad un’Europa del mercato comune, almeno in un primo momento. La stabilità di un accordo selettivo al ribasso è difficile e discutibile, se non altro perché in un continente in tensione su politica e sicurezza, non sembra essere così scontato riuscire a mantenere un mercato europeo comune funzionante.

Tornare indietro non è possibile, l’esito di scelte sarebbe imprevedibile.

Nell’analisi di Juncker stessa è paventato il rischio corsa al ribasso. Un’Europa che ritorni ad accordi bilaterali ridiscute la sua storia recente, la scelta diventa ancora più delicata in un contesto di forte incertezza come il presente.

Analizzando il terzo scenario “chi vuole fa di più” sembra di tornare al primo, con una differenza, la visione è più realistica. L’oggi appare più vicino al terzo che non al primo scenario, infatti esiste un’Eurozona di 19 stati, un’Europa a 27, un’area Schengen a 22 (per ora) e altri agglomerati con accordi sulle dogane. Le “coalizioni dei volenterosi”, definite sul testo, possono rappresentare una via per sbloccare problemi gravosi, almeno in principio una perfetta coesione di 27 stati è utopica, perciò vale poco la pena di approfondire la quinta sezione. Nella dichiarazione di Roma del 25 marzo 2017 già Polonia e Grecia hanno frenato e preteso un ammorbidimento, chi sarà il prossimo?

Fare meno in modo più efficiente, quarto scenario (magari abbinato al terzo), può essere una soluzione. Non si tratta di un “First best”, sarebbe una mediazione per mantenere saldi i rapporti tra i paesi membri, difendendo i capi saldi dell’Unione e soprattutto la pace in Europa, mai così precaria in tempi recenti.

La “White List” di Juncker non è un documento illuminante, è figlia del contesto di crisi Europeo, tratta diversi argomenti, sempre con un approccio molto superficiale ed è molto deludente per la presenza in ogni scenario, accanto ai problemi reali e già lungamente discussi, della necessità dell’Unione Europea della diffusione delle automobili connesse (un sistema che permette di utilizzare gps, messaggi e altre funzionalità dello smartphone direttamente dalla vettura), non di certo la prima preoccupazione dei cittadini.

Roma 2017

Il fine del Presidente della Commissione era lanciare spunti di discussione da approfondire in varie occasioni, nonostante tutto i materiali per avviare un confronto ci sono, il clima delle giornate romane può portare nuovamente politici e cittadini, giovani e anziani a parlare di Europa.

In attesa delle proposte istituzionali dei prossimi mesi sulle politiche sociali, sulla revisione dei processi nazionali di bilancio, finalmente si ridà luce alle idee e si riapre una discussione.

A Roma si è rivista una città, specchio di un continente, che si confronta e si interessa al proprio futuro, non tanto in Campidoglio, piuttosto nelle piazze e nelle vie gremite, dove troppo spesso l’Europa è percepita appena, è sentita come un potere lontano e non come una comunità a cui appartenere.

Roma è tornata ad essere, per una settimana, il centro del mondo.

Ancora una volta tutte le strade portano a Roma, il Miliarium Aureum al suo posto da millenni fa da guida.

La speranza è che si sviluppi da oggi, di nuovo, una discussione su progetti comuni, rivoluzionaria quanto sessant’anni fa, che generi una rilancio su temi chiave come la sicurezza Europea, un parlamento rappresentante di un’Europa federale10, il cambiamento climatico, le politiche di accoglienza e per affrontare le questioni migratorie, un sistema fiscale più equo e equilibrato tra i vari stati, un’Europa unita davvero nella diversità11.

Michele Corio

Riferimenti:

  1. “Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea”, 25 marzo 1957,
    http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=URISERV%3Axy0023http://www.corriere.it/economia/17_febbraio_06/draghi-ripresa-solo-inizi-continueremo-l-acquisto-titoli-1e1faf9a-ec76-11e6-b0dc-72bd53481b5d.shtml
  1. “Relazione dei 5 Presidenti”
  2. http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-5240_it.htm
  1. Dati Eurostat febbraio 2017 disoccupazione http://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/7963741/3-03042017-BP-EN.pdf/d77023a5-64cb-4bf5-8181-8f4d3a0ee292
  1. Dino Pesole, “Crescita, Conti, Banche – incompiute che frenano l’Unione”, Ilsole24ore del 26/3/17
  1. Dani Rodrick, professore di Economia politica internazionale alla J.F.Kennedy School of Government di Harvard, traduzione di Federica Frasca per il Sole24Ore del 2/4/17
  1. “Libro Bianco sul futuro dell’Europa”

http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-385_it.htm

  1. Luigi Zingales, “L’insostenibilità dello status quo”, il Sole24ore del 30/3/17
  2. Lorenzo Bini Smaghi, “È la democrazia che regge l’UE”, il Sole24ore del 29/3/17
  1. Sergio Fabbrini, “Il futuro è l’Unione federale”, ilSole24ore del 26/3/17
  1. Motto dell’Unione Europea

https://europa.eu/european-union/about-eu/symbols/motto_it

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