Unione Bancaria, per una maggiore solidità

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Michele Corio

Michele Corio

Giovanni Sgaravatti

Giovanni Sgaravatti

L’Unione bancaria è un insieme di regole europee istituite per rafforzare il sistema bancario e finanziario europeo. Essa è composta da 2 elementi fondamentali: meccanismo di vigilanza unico e meccanismo di risoluzione unico. Entrambe le componenti riguardano prevenzione e gestione di crisi bancarie. Il meccanismo di vigilanza si occupa di monitorare l’attività delle banche al fine di aumentare la solidità del sistema finanziario e prevenire possibili crisi bancarie che possono mettere in pericolo l’economia dei singoli Stati e dell’intera Unione Europea.

Sede della Banca Centrale Europea

Principalmente, il meccanismo di vigilanza controlla e assicura che le banche abbiano capitale sufficiente ad assorbire le perdite derivanti da decisioni strategiche aziendali sbagliate o da crisi.  Il meccanismo di risoluzione unico invece è un insieme di regole che agisce quando la crisi del singolo istituto è già avvenuta o è molto probabile, cercando di gestire la crisi bancaria nel modo meno dannoso possibile per il sistema finanziario. Esso  è stato fondato con l’intenzione di responsabilizzare le banche nella gestione delle proprie risorse finanziarie, incentivandole a mantenere un’esposizione al rischio adeguata. Inoltre, si cerca di impedire il cosiddetto effetto contagio, ovvero che il fallimento di una singola banca possa mettere a rischio la stabilità di altre banche. Un elemento molto criticato del meccanismo di risoluzione è il cosiddetto “bail-in”, sistema per il quale non è concesso allo Stato, se non in casi eccezionali, di acquistare le banche in difficoltà. Con il meccanismo del “bail-in”, qualora una banca fosse in procinto di fallire, sarebbero i suoi azionisti a doversi far carico di pagare i debiti della banca, e se non ciò non bastasse, sarebbero gli obbligazionisti.

L’alternativa principale al “bail-in” è l’intervento dello Stato nella crisi bancaria. Lo Stato sarebbe costretto ad utilizzare risorse dei contribuenti per risolvere le inefficienze e gli errori della banca, spesso andando a gravare ancora di più sul debito pubblico nel caso italiano. Inoltre, se non ci fosse il meccanismo del “bail-in” le banche potrebbero essere motivate ad agire in maniera irresponsabile, prendendo rischi eccessivi. A rischi elevati spesso corrispondono rendimenti più elevati, ma ovviamente anche maggiori probabilità di perdite finanziarie e rischi di fallimento. Una banca sicura dell’intervento dello Stato potrebbe decidere di correre il rischio di fallire, sapendo che la conseguenza  non sarebbe poi così dannosa. Il “bail-in” dunque punta a evitare queste situazioni. Altrimenti, un’ulteriore possibilità per la risoluzione di una crisi di un istituto bancario è l’intervento del fondo interbancario per la tutela dei depositi (FITD), un fondo costituito con risorse delle varie banche di un Paese o di un sistema economico. Anche in questo caso però c’è il rischio che la singola banca si comporti in maniera imprudente, forte della copertura garantita dal FITD.


Uno dei rischi maggiori in caso di crisi di una banca è che questa non abbia più risorse sufficienti per restituire i depositi ai cittadini che le avevano affidato i propri soldi. La direttiva europea 94/19/CE, poi aggiornata dopo la recente crisi finanziaria, ha sollecitato i singoli Stati a costituire i fondi di garanzia dei depositi. In caso di crisi e fallimento di una banca, i cittadini che hanno depositato i loro soldi sono comunque tutelati da questo fondo finanziato dall’intero sistema bancario del Paese. I depositi sono garantiti per importi fino a 100.000 euro.

Unione Bancaria (in blu tutti i paesi che già applicano il Meccanismo Unico di Risoluzione)

L’Unione bancaria viene spesso criticata da piccoli e piccolissimi imprenditori, perché le imputano la responsabilità di un minor accesso al credito. In parte gli imprenditori hanno ragione, dopo gli accordi di Basilea, e ancora di più dopo l’istituzione nel 2014 del sistema di monitoraggio unico europeo, le banche sono molto più caute nell’erogazione del credito. Più che dell’UE, la responsabilità è però da imputare alle stesse banche italiane, che nel passato hanno concesso prestiti in maniera poco mirata, o completamente arbitraria. Basti pensare che nel 2015 il 16% dei prestiti bancari in italia erano di difficile recupero (l’attuale media UE è del 3,4%). Per altro, ben il 70% del valore totale di tali prestiti era stato concesso a pochi (circa il 4,7% degli affidati) con un valore medio di 2,2 milioni di euro. I piccoli e piccolissimi imprenditori quindi fanno bene a lamentarsi, la fragilità del sistema bancario italiano non è colpa loro.  Bisogna però sottolineare come le misure drastiche imposte alle banche italiane per aumentare le riserve e per alzare gli standard di valutazione del merito creditizio siano state fondamentali per rendere l’intera economia italiana più solida (quando le banche falliscono ci rimettono sempre gli investitori, i correntisti o, in caso di bail-out, i contribuenti). 

Infine, vale la pena menzionare anche l’area unica di pagamenti in euro (Sepa), di cui fanno parte 36 paesi e che ci permette di effettuare bonifici solamente con il nostro IBAN.

In conclusione, possiamo affermare che l’unione bancaria sia una fonte di vantaggi per l’economia italiana più che di inconvenienti. Le restrizioni sono un requisito per la stabilità e la storia recente dovrebbe averci insegnato che un sistema bancario e finanziario stabile deve essere preferito a uno poco regolamentato.

Michele Corio , Giovanni Sgaravatti

Un ringraziamento particolare a Beatrice Armanini

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